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Mon roi - Il mio re

Regia di Maïwenn Le Besco vedi scheda film

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La recensione su Mon roi - Il mio re

di barabbovich
8 stelle

Lui (Cassel) è vitale, divertente, creativo, egocentrico, ha un sacco di amici e altrettanti debiti, è prepotente, fa uso di droghe e ha collezionato molte donne. Insomma, è "il re degli stronzi", come afferma con malcelata autoironia. Lei (Emmanuelle Bercot, premio per la miglior interpretazione femminile a Cannes, ex-aequo con Rooney Mara) è una avvocatessa di discreto successo, ha i piedi per terra e frequenta soltanto suo fratello (Garrel) e la cognata. Da subito, lui precipita le cose: già dalla prima notte d'amore le dichiara il suo amore, poi le chiede di sposarla e, infine, di dargli un figlio, dopo aver inanellato una serie di trovate sorprendenti fin dall'inizio. Ridono molto, insieme. Poi qualcosa vacilla. Lui ha molte attenzioni per una sua vecchia fiamma, una donna instabile che ha tentato il suicidio. Lei non tollera quella presenza. In un dialogo chiave di una delle molte scene madri di questo film pulsante, diretto benissimo e interpretato alla perfezione lui le domanda: "Ma perché vuoi che io sia come vuoi tu, quando sei venuta da me perché sono esattamente come sono?". Il racconto è costruito alternando flashback e flashforward, con la protagonista che, dopo aver subito un gravissimo infortunio al ginocchio (con tanto di discutibile divagazione in chiave psicologica, connessa alla composizione di jenou, ginocchio, tra "je" e "nous", parola che la psicologa la invita a scomporre e che in italiano funziona malissimo e fa perdere il senso: chissà come avranno fatto gli inglesi con la parola knee…), si trova in un grande centro di riabilitazione per le cure del caso, ripercorrendo le stagioni di quell'amour fou così tormentato.
Maiween Le Besco, qui al secondo film dopo il riuscito Polisse, tocca da una prospettiva femminile il nervo scoperto di molte relazioni uomo-donna, con una versione spiazzante che - in non pochi casi - le è costata un attacco da parte della critica e accuse di filo-maschilismo per le concessioni eccessive al personaggio di Vincent Cassel. Eppure tanto i protagonisti quanto gli altri sono personaggi a tutto tondo, tratteggiati con cura per quanto ultraborghesi,  e il film sembra tutt'altro che un'opera a tesi, bensì il racconto travolgente di un amore impossibile, con tutto il suo carico di separazioni, divorzi, ritorni, il figlio che cresce, gli accessi di follia, con Cupido che continua imperterrito a lanciare le sue frecce.

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