Regia di Emmanuelle Bercot vedi scheda film
La vera miracolata dell'ultimo Festival di Cannes è stata senz'altro Emmanuelle Bercot (mi domando davvero quali possano essere le ragioni che le fanno avere così tanti santi in paradiso).
Non parlo tanto del premio che ha ricevuto quale migliore interprete femminile nel film "Mom roi" che non ho visto e che non mi permette di giudicare la sua prestazione (ma qualche dubbio sul fatto che sia stata davvero la migliore mi si insinua maligno nella testa anche per le perplessità che ha suscitato alla presentazione del verdetto) quanto invece di questa sua fatica registica che partecipava come concorrente nella sezione "Un certain regard" (indubbiamente già un gran regalo) ma addirittura inadeguata e priva delle qualità necessarie per avere l'onore (come ha fatto) di aprire in pompa magna la rassegna per la pochezza "normalizzata " della sua consistenza davvero poco rilevante e molto derivativa.
La storia poteva essere anche accattivante (e le tematiche abbastanza forti pur se in parte scontate che sanno tanto di rimasticato e di già visto): è quella che racconta il passaggio all'età adulta di un ragazzino (Malony) cresciuto senza padre e con una madre tossicodipendente e quindi allo sbando senza guida e limiti in una periferia altrettanto desolata, e soprattutto incline ad adottare discutibili comportamenti privi di qualsiasi buon senso.
I modelli a cui la Bercot si riferisce (peraltro mal digeriti) e dai quali prova a trovare ispirazione, sono troppo noti ed evidenti per non essere immediatamente identificati (prima di tutto il cinema "essenziale" dei Dardenne, ma anche quello del miglior Van Sant).
A me è sembrato a tratti un riciclaggio addirittura imbarazzante per la mancanza di un adeguato stile capace di sorreggerne la forma che invece risulta piatta e un tantino anestetizzata priva com'è di guizzi capaci di rendere il tutto almeno appassionante (difficile non solo immedesimarsi come spettatori, ma anche provare un minimo di interesse per le sorti dei personaggi e di ciò che viene rappresentato sullo schermo, che passa e si consuma nella totale assenza di una attiva partecipazione emotiva).
La regia della Bercot risulta in particolare, priva di sostanza e incapace di sorreggere un lavoro all'interno del quale le idee appaiono poche e addirittura trattate con molta approssimata confusione.
Gli unici insomma in grado di uscire davvero a testa alta dall'impresa, sono la professionale resa di attori di sicura e provata qualità, ma qui impegnati in parti di contorno, come Catherine Deneuve (la severa ma comprensiva giudice minorile) e Benoit Maginel (l'assistente sociale rude ma di buon cuore).
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