Regia di Hans Rosenfeldt vedi scheda film
Sul ponte di Øresund, che collega Svezia e Danimarca, ed esattamente sul confine fra i due Paesi, viene ritrovato un corpo composto da due parti: quella superiore appartiene a un politico svedese, quella inferiore a una prostituta danese. Il luogo del ritrovamento e la particolarità del caso, che riguarderà altri omicidi collegati a cinque problemi della società, costringono una riluttante collaborazione tra gli agenti svedesi e quelli danesi. All’esorbitante costo di 80 milioni di euro, la prima stagione di Bron/Broen (letteralmente: ponte, in svedese/danese) è uno dei migliori esempi di miniserie televisive (anche se è già stata realizzata una seconda stagione, ancora inedita in Italia) contemporanee. Una partenza lenta, che serve a presentare personaggi e situazioni distinte che poi si intrecceranno in un modo o nell’altro con la vicenda principale, fa da perfetto contrappeso ad una parte centrale e, soprattutto, finale in cui i colpi di scena e l’action sono un po’ più preponderanti; Saga Noren (Sofia Helin) e Martin Rohde (Kim Bodnia, che avevo apprezzato in “Pusher” di Refn) sono due personaggi magnificamente sfaccettati nella loro logica di invenzione, e le interpretazioni dei due attori sono ottime.
Grandissima rilevanza data anche agli aspetti sociali e mediatici, analizzati con attenzione come concatenati: la popolazione quasi giustifica l’operato del killer perché porta alla ribalta temi sopiti e falsamente dimenticati da chi di dovere (politica e grandi aziende) e il mondo giornalistico pone attenzione al caso quasi esclusivamente per motivi economici e personali.
Se dovessi trovare un difetto, Saga è un personaggio davvero poco credibile e sembra quasi “plasmato” in tal modo da costruire alcuni momenti comici, anche se questi sono comunque piacevoli.
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