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Swimmers

Regia di Doug Sadler vedi scheda film

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La recensione su Swimmers

di degoffro
4 stelle

“Conosco persone che si sono dimenticate di essere vive, forse gli è solo passato di mente, ma continuano ad andare avanti, magari sperando che qualcuno si accorga di loro, sperando di tornare a vivere ancora. Non lo so. Il punto è che a volte lo dimenticano. Ma io non sono così!”

 

 

L’incontro tra due solitudini nella dimenticata provincia americana. Quante volte il cinema indipendente ha raccontato una storia analoga? Infinite. “Swimmers” ripercorre noiosamente strade già battute e conosciute, con i toni malinconici, uggiosi e scolasticamente tristi che ormai puzzano solo di maniera.

L’undicenne Emma è un’appassionata e brava nuotatrice: “stare nell’acqua è come volare, ma volare sott’acqua. Nell’acqua mi sento libera.” Durante una gara ha un infortunio: si scopre che il suo orecchio è vittima di un processo degenerativo che potrebbe portare alla perdita dell’udito. Occorrono 15.000 dollari per l’intervento, ma la sua famiglia non li ha e la richiesta di un prestito viene rifiutata. Il padre, dopo che il suo piccolo peschereccio è rimasto danneggiato in modo irreparabile in un incidente (siamo sulle coste del Maryland, in un villaggio di pescatori), continua a cambiare lavoro, la madre decide di distribuire vasetti nei diversi negozi per elemosinare i soldi necessari. Quando in paese arriva Merrill, donna enigmatica e instabile, dal passato complicato (la madre è morta suicida) e dal presente non meno difficile, Emma trova in lei l’amica con cui scambiarsi confidenze e dimenticare i duri e quotidiani contrasti in famiglia, diventando allo stesso tempo per Merrill un inaspettato e salvifico punto di riferimento.

 

Il regista e sceneggiatore Doug Sadler, al suo secondo film, dopo il televisivo “Riders” propone una storia convenzionale e statica, mesta e deprimente, popolata di personaggi che sono un catalogo di stereotipi. Un padre con il debole per l’alcool (“Non è un alcolizzato, è soltanto uno che si sfonda di alcool!” dice di lui il figlio Mike), una moglie tradita ma tenace che si carica sulle spalle la fatica ed il peso di tenere unita la famiglia, un figlio poliziotto (Clyde) dalle aspirazioni frustrate (non ha mai voluto entrare in polizia) e dai sogni infranti, in cerca comunque di riscatto magari proprio nell’attività del genitore (vuole comprare una barca e darsi all’attività della pesca), perché convinto di essere stato sempre poco considerato da lui (emblematica, nella sua meccanicità, la sequenza in cui in auto ascolta la radio e si ripete “Io confido nei miei sogni.”), un altro figlio (Mike) invece prediletto, scafato, superficiale ed esuberante, che pensa più che altro a divertirsi, una ragazzina (Emma) che vive con sofferenza le continue discussioni e i ripetuti litigi e conflitti in famiglia, consapevole altresì che “a causa del problema all’orecchio credono che io sia invisibile. E a volte è così!”, una giovane donna (Merrill), sbandata ed irrequieta, sull’orlo dell’esaurimento, che frequenta il riservato e gentile Clyde ma poi se la spassa con il più disinvolto e disponibile Mike (e Clyde, ovviamente, amareggiato li osserva dall’auto, mentre amoreggiano davanti alla porta della cucina). “Tutti vogliono ciò che non possono avere.” commenta l’immancabile voce fuori campo della piccola Emma. Sai che sorpresa! Il racconto procede senza sussulti, in una narrazione faticosa e stentata, il presunto colpo di scena sull’incidente della barca del padre di famiglia è forzato, la voce fuori campo tende a sottolineare l’evidente, il rapporto tra le due protagoniste è descritto in modo episodico, approssimativo ed incolore e non evita le trappole di una facile prevedibilità, l’emozione ed il coinvolgimento latitano, il ritratto del malessere congenito di una provincia americana annoiata e stanca, accentuato da una fotografia dai toni grigi e autunnali, è di riporto, gli attori non vanno al di là di prove accademiche, la metafora dell’acqua troppo insistita, la conclusione, con la presa di coscienza di Emma, anticipata da quel sorriso che il ragazzino di cui Emma è da sempre innamorata, finalmente le rivolge scendendo dal pullman, è abbastanza scontata e semplicistica. Un’opera inerte e superficiale, noiosa e banale, che si perde in un deleterio e fiacco anonimato. Presentato al festival di Roma del 2006, nella sezione “Alice nella città”, rimasto inedito in Italia, uscito direttamente in dvd, trasmesso per la prima volta su Rai Movie nell’ottobre 2014.

Voto: 4

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