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Magic Mike XXL

Regia di Gregory Jacobs vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Magic Mike XXL

di alan smithee
2 stelle

Se la seconda farlocca puntata inerente il personaggio tutto muscoli e adrenalina (più compagnia bella di altri quattro bistecconi e più) creato dal celebre e prolifico Steven Soderbergh, dovesse essere giudicata con serietà e memoria storica, si potrebbe tranquillamente (si fa per dire) affermare che con questo film i diritti e le conquiste sociali raggiunte a fatica dalla figura femminile negli ultimi duecento anni di storia e battaglie sui diritti della parità tra i sessi, si sono letteralmente andati a far “fottere”.

Per fortuna tale filmetto non merita simili considerazioni sproporzionate e fuoriluogo, ma piuttosto solo di essere preso come una sciocca, perseverante e sentenziosa continuazione di un numero uno già di per sé banalotto e scontato, per quanto di natali d’autore.

Insomma che Mike, senza nemmeno troppo insistere, viene indotto con l'inganno a tornare in trincea ad esibirsi, mettendo da parte il lavoro di falegname di mobili artigianali, attività che lo vede attualmente molto impegnato, ma anche apparentemente soddisfatto e finanziariamente indipendente.

Ritrovati i cinque amici-stripper della prima avventura, il gruppo, dopo un incidente di percorso (nel vero senso “automobilistico" della parola) si troverà introdotto in un mondo di donne determinate ed indipendenti, che tuttavia non rinunciano al maschio come oggetto di ludibrio e bambolo usa e getta, da adorare e da cui farsi adorare, da coprire di banconote dispensando gridolini di piacere; e da gettare via dopo l'uso.

Lungo ogni oltre sopportazione, la pellicola, scontata e prevedibile, non rinuncia a raccontarci anche i micro-drammi che accompagnano la vita degli altri componenti della band, e, nel finale un po’ equestre, ci rappresenta cinque spettacolini differenziati suddivisi per ogni componente del gruppo.

Tatum, Manganiello - (cog)nome-omen), Bomer & Co. (senza Pettyfer), fronteggiano oliati e armoniosi, dinoccolati e in alcuni casi un po’ sottotono, donne toste e spesso insostenibili, api regine maliarde che giocano con il maschio come il gatto crudelmente con la sua preda. Tra cascate di banconote da un dollaro come se piovesse, Jada Pinkett Smith risulta la più gigiona ed insopportabile; Elizabeth Banks la stimo troppo per cercare una spiegazione della sua presenza in questo falò delle vanità; Amber Heard è decisamente sprecata, mentre Andie MacDowell, ormai vicina ai sessanta, è bella, fresca ed immutata come a quando faceva la testimonial di una nota griffe francese del maquillage, oltre vent’anni fa. Ritoccata certo, ma con gusto e senso del limite.

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