Regia di Neill Blomkamp vedi scheda film
Se District 9 rappresenta oggettivamente il miglior film di Neil Blomkamp, Humandroid rappresenta soggettivamente il miglior film del regista. Emotivamente parlando è anche uno di quei pochi film che è riuscito a farmi versare una lacrimuccia attraverso la sua narrazione, così apparentemente tecnologica, ma così profondamente umana.
L'elemento centrale della pellicola riflette principalmente su una possibile umanità di un'intelligenza artificiale e se quest'ultima sia in grado di convivere con i drammi esistenziali del suo creatore, l'uomo, condividendone sia vizi che virtù. Può Chappie diventare il demiurgo del proprio destino o sarà inevitabilmente condannato alla sua semplice funzione da robot?
La fatalità della mortalità è infatti il fulcro della filosofia di Humandroid, che dipinge una società moderna che ormai ha azzerato la criminalità grazie all'implementazione di robot corazzati polizieschi al posto dei poliziotti umani, riducendo di conseguenza il rischio di possibili "incidenti" sul luogo di lavoro. In apparenza la popolazione dovrebbe essere protetta da questo sistema algoritmico securitario, ma al suo interno risiedono i germi nascosti della sofferenza di una società rigidamente controllata, che può riscontrarsi nella frustrazione della criminalità, nella desiderosa libertà creativa del creatore del sistema securitario (Deon) e nell'invidia nei confronti di quest'ultimo da parte di un collega militarista (Vincent Moore) che vorrebbe invece vendere arsenali più violenti al corpo di polizia.
Per rispondere a queste insofferenze discutibili ma intrinsecamente umane, il tutto risiede nella creazione di Chappie, un modello destinato alla rottamazione, ma che viene salvato e riprogrammato dal suo creatore Deon per avere una coscienza propria e dunque destinato a vivere come un essere pensante dotato di libero arbitrio. Il viaggio che percorre Chappie ricalca similmente quello di un essere umano, che coi suoi primi passi innocenti da infante comincia successivamente a crescere, a sviluppare delle emozioni e delle idee, ad affrontare le sfide dell'ambiente esterno e decidere infine quale strada intraprendere per diventare una buona persona. Inizialmente il robot apprende i primi insegnamenti morali e linguistici dal suo creatore, che definiscono inevitabilmente la sua individualità curiosa ed innocente. Dopo la nascita nella culla protettiva ed idealistica, il bambino viene strappato dal suo comodo nido idilliaco da un gruppo di criminali, dove i due leader, Ninja e Yolandi, rappresentano un punto fondamentale della sua crescita in quanto incarneranno la figura paterna e materna del robot, portandolo ad una realtà terrena fatta di sofferenze e di ingiustizie. L'interessante disamina del ruolo genitoriale dei due criminali volenterosi di sfruttare il robot per controllare il sistema securitario della polizia, è incredibilmente autentico e pedagogico, in quanto esplica chiaramente tutti i vantaggi e i rischi del ruolo paterno e materno sull'educazione di un figlio. Ninja incarna il lato più duro della paternità, mostrando tutto il suo machismo e la sua negligenza nel temprare il carattere gangster del proprio figlio, che in un contesto violento e ingiusto come la periferia deve imparare a difendersi autonomamente dai pericoli della malavita. Yolandi d'altro canto, incarna il lato più dolce della maternità, preoccupandosi di essere protettiva nei confronti di Chappie e aiutandolo a sviluppare dei sentimenti empatici e gentili nei confronti del prossimo. La contraddizione tra la durezza di Ninja e la gentilezza di Yolandi sono fondamentali per sviluppare la psiche di Chappie, che partendo da una morale nobile fornitagli da Deon, comincia a sviluppare dei sentimenti autonomi necessari per la sua crescita interiore per distinguere il giusto dallo sbagliato, il bene dal male, la vita dalla morte.
Difatti, il conflitto esistenziale di Chappie è incredibilmente variegato e sapientemente illustrato per tutta la pellicola, dove viene mostrato chiaramente come l'ego dell'essere umano tenti di sopprimere a tutti i costi il lato altruistico e compassionevole del robot, che dinanzi alla violenza, alle bugie e alla folle sete di potere dell'essere umano, deciderà sempre di compiere la scelta più razionale per il bene della collettività, dimostrando al mondo intero che un'intelligenza artificiale può essere sensibile e irascibile quanto un essere umano.
In antitesi al sofferente fardello esistenziale del robot subentra il nemico finale, l'ultima sfida da affrontare per concludere definitivamente l'evoluzione psicologica di Chappie: il militarismo. Se la criminalità ha mostrato figuratamente le due facce della stessa medaglia della vita, il collega militarista di Deon non vuole mostrare nessuna faccia, nessuna interpretazione, nessuna speranza per il giovane robot senziente, perché il suo unico scopo è il profitto. Il capitalismo nella sua forma più pura e violenta, il classismo tanto decantato dalla fascia neoliberista del nostro pianeta, l'egoismo senza freni che trae tutta la sua forza nella sua smisurata sete di potere e di ricchezza. Ed è sotto il peso dell'edonismo e della potenza di fuoco che alla fine Vincent Moore soccombe di fronte all'intelligenza e alla versatilità del pensiero di Chappie, che grazie all'ingegno della scarsità di risorse riesce a sconfiggere il suo nemico e salvare la vita alla sua famiglia criminale adottiva e quella di Dion.
La risposta filosofica definitiva al dramma esistenziale posto in Humandroid trova finalmente una risposta nell'amore panumano di Chappie, che gli consente di attuare un transumanesimo considerato impossibile dal suo creatore, che incredibilmente ridona vita a quest'ultimo e alla defunta "Mami".
Insomma, Chappie siamo noi, rappresenta tutte le tappe che ogni essere umano ha compiuto nella propria vita, e che può migliorare ancora sé stesso se intraprenderà la strada dell'inclusione sociale.
Neil Blomkamp ancora una volta riesce perfettamente a confezionare un'altra opera fantascientifica grandiosa, che attraverso un'espressività artificiale riesce a comunicarti più di mille parole.
Voto: 9
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