Regia di Neill Blomkamp vedi scheda film
Interessante e doveroso parlare di Chappie, ovvero Humandroid, dell'ormai celebre Neill Blomkamp che già ha sfornato due opere, District 9 ed Elysium, che all'interno del loro genere hanno fatto il loro sporco lavoro per benino (e il primo riesce anche ad andare oltre il genere). Nel caso di Humandroid siamo dalle parti di un'opera bizzarra, che lascia più di un dubbio. Diretto in maniera caotica e senza un script degno di questo nome (lo si potrebbe definire tranquillamente stupido e imbarazzante), il film di Neill Blomkamp segna senza se e senza ma il posto più basso, in termini di qualità, tra le opere realizzate dal regista; ma è forse anche il film che osa di più, e che cede di meno al compromesso (di alcun genere). Evolvendo dalla fantascienza "impegnata" al baraccone blockbuster hollywoodiano, Humandroid è come un gigantesco video musicale dei Die Antwoord (per chi non li conoscesse: https://www.youtube.com/watch?v=8Uee_mcxvrw ), band sudafricana che non viene citata a caso in quanto i suoi due principali membri, Yolandi e Ninja, sono tra i protagonisti proprio del film di Blomkamp, ed interpretano quasi loro stessi però in veste di ladri ingenui e violenti. E il film sembra un video del loro gruppo perché è una sorta di delirio (però politicamente corretto, diversamente dai loro videoclip) che nel finale rifiuta qualsiasi tipo di mezzo termine e, dando spazio all'azione più sfrenata, a un tasso di violenza superiore alla media e a un manicheismo tonitruante e molto ma molto già visto (Hugh Jackman con il suo ruolo occupa il tempo che trova; Sigourney Weaver è sprecatissima e monocorde), offre la chance dell'immortalità senza sbandierare troppo la propria idea, ma inserendola come semplice meccanismo di un film ricco di trovate narrative ma anche di scivoloni nonsense imperdonabili (certi dialoghi, pur contestualizzando nel genere, non stanno né in cielo né in terra). La trasformazione finale, in particolar modo, che è meglio non anticipare, è quasi una riproposta in chiave punk-rap delle mutazioni del protagonista di District 9, laddove il regista non si vuole dimostrare imparziale ma vuole affermare esplicitamente le potenzialità della tecnologia se usata nella maniera corretta - e l'aspetto problematico della faccenda sfocia in un tete à tete dello strabuono contro lo stracattivo nel finale, senza smentire i ruoli dati ad ogni singolo personaggio ma sparaflashando in faccia allo spettatore immagini roboanti e guerrigliere in cui è proprio il ruolo della tecnologia (e anche la fallibità/fragilità umana) al centro. Riadattando l'immaginario fantascientifico del cinema del secolo scorso (Humandroid sembra fatto per chi non ha mai visto Corto circuito di John Badham), il nuovo film di Neill Blomkamp è un action fracassone con un solo grande colpo di coda finale e la sola grande simpatia contagiosa del robot Chappie (che deve però, troppo, al vecchio amatissimo Numero 5). Un trash ipercinetico pieno di fronzoli (volendo, siamo dalle parti di Lucy di Besson) e dotato di un'imperdonabile lunghezza (due ore). Però, da vedere, solo solo per il risvolto finale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta