Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Vorrei nascere per un giorno americano, per poter capire ed apprezzare.
E’ sempre più frequente che le celebrazioni di nuovi film avvengano prima ancora dell’uscita nelle sale. I consigli dicono “assolutamente si”: una sorta di minaccia se non ci vai. E cosi, ci vado. I primi venti minuti è un dormiveglia. Ma, a dire il vero, è colpa mia ché avevo del sonno arretrato. Poi incomincia ad intrigarmi. L’arringa difensiva di Tom Hanks mi piace e la trovo credibile. Un po’ forzata ma ci sta: un cittadino sovietico in terra americana deve pur avere un giusto processo, anche se è una spia. E così, per rendere la cosa più credibile, viene chiamato, a farla, l’avvocato di fama e prestigio. Ma, ecco l’imprevisto: l’avvocato prende la cosa troppo sul serio e va oltre; quasi riesce a farlo assolvere attirandosi addosso il disprezzo dei benpensanti. Contemporaneamente, un aviere americano si fa catturare dai sovietici ed uno studente americano sfigato viene preso dalle guardie della DDR proprio il giorno in cui chiudono l’ultimo varco libero del muro di Berlino. A questo punto, non si sa come, il nostro eroe (l’avvocato) vince tutti i concorsi della carriera diplomatica americana e viene incaricato di trattare per lo scambio spia/aviere. Ancora una volta, caparbiamente, va oltre il mandato e si mette in testa che lo scambio si farà solo se, insieme all’aviere, sarà liberato anche lo studente. Incredibilmente ci riesce e torna a casa trionfante tra gli applausi dei benpensanti.
Detta così, sembra la solita storia degli “arrivano i nostri” che tanto mi piaceva quando ero bambino e che ancora mi piace oggi pur avendo scoperto che gli indiani erano dei poveri cristi.
Messa da parte l’ironia, vengo alla magia del cinema di Spielberg: gli effetti speciali. Quella scena dell’aereo che precipita mentre il pilota cerca di staccarsi dalla sua sedia, incolla lo spettatore alla propria. Il regista ci fa vedere una cosa impossibile, ma non importa: la magia del cinema può darci qualsiasi illusione e ben venga. Perché il cinema è immagine e creatività e quindi ha il diritto - e forse anche il dovere - di manipolare la realtà visiva. Adattarla agli stati d’animo, alla esaltazione dei valori e dei sentimenti; può addolcire la luce o al contrario esaltarla con meravigliosi controluce. E’ questo lo Spielberg che mi è piaciuto e che mi ha tenuto sveglio. Per i contenuti morali, per i sentimenti, per l’etica sociale, mi dispiace, ma ho bisogno di crederci. Allora penso: come faccio, povero membro di una società che si è giocato tutti i valori etici a credere negli altissimi valori americani. Non è solo questione di cattiva educazione la nostra. E’ che siamo abituati a vivere i valori man mano che le circostanze li porgono alla nostra attenzione. Il generale della Rovere (grande De Sica) o Fabrizi ne “i due marescialli” erano persone normali, qualcuno dirà “italianetti” in un mondo di eroi. Eppure il cinema, con un percorso graduale e ragionato, ce li ha trasformati in eroi. Noi siamo così, abbiamo bisogno di ragionare su tutte le cose, specie sui valori. Per noi il valore è elastico. Per gli americani no, è nel dna. Allora mi ricordo di una canzone che diceva “vorrei la pelle nera”; così, anch’io vorrei nascere per un giorno americano, per poter capire ed apprezzare.
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