Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Ispirato ad una delle numerose storie nascoste nei meandri della Guerra Fredda,il film ci ricorda che tutti hanno diritto a una difesa. Pellicola spoglia senza alcuna concessione allo spettacolo, fermo su parole e sguardi. Ma il rischio è di fare troppa retorica, ignorando che dal 1957 ad oggi di passi (indietro!) se ne sono fatti anche troppi.
Siamo a New York nel 1957. Jim Donovan è un abilissimo avvocato del ramo assicurazioni, ma un giorno gli viene affidata la difesa del col. Abel, spia sovietica che ha già il destino processuale segnato ma a cui è necessario - per questioni di pura propaganda - impiantare un processo corretto sotto tutti crismi formali.
Donovan si appassiona al caso, anche quando conosce l'integrità del colonnello che rifiuta di abiurare la sua Patria e accetta apparentemente serenamente la sempre più probabile condanna che in questi casi corrisponde alla sedia elettrica ("non è preoccupato?"; "servirebbe?..."). Si prodiga presso il Giudice perché anziché la condanna a morte dia una pena detentiva e ricorre addirittura in appello, attirandosi i malumori e anche qualcosa di più da parte dell'opinione pubblica.
Abituato a valutare tutte le circostanze e le loro conseguenze (tipico delle sue speculazioni assicurative), la sua ipotesi è che in caso di una situazione analoga avvenuta nell'URSS, gli USA possano essere dotati di una eventuale pedina di scambio.
Presto si accorgerà che aveva ragione...
Ispirato ad una delle numerose storie nascoste nei meandri della Guerra Fredda, Spielberg e i suoi sceneggiatori (tra cui i fratelli Cohen) ci ricordano che nessuno è indifendibile.
In nome della Costituzione Americana l’avvocato sceglie di non prestarsi ad una farsa, ma di fare una difesa con tutti i crismi (cioè coi suoi diritti) il cittadino sovietico Rudolf Abel (incarnato dall'ottimo Mark Ryalance), trascurando l’invito a trasgredirli fortemente propostogli dal Giudice a dalla CIA.
Il film è fin troppo spoglio, basato tutto sulle parole e sugli sguardi, senza alcuna ridondanza.
Certo il rischio è di esaltare l'aspetto retorico, di richiamare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, ignorando che dal 1957 ad oggi di passi (indietro!) se ne sono fatti anche troppi.
Bella comunque la ricostruzione degli ambienti dell'epoca e dei drammatici giorni della ricostruzione del muro di Berlino.
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