Regia di Pierluigi Di Lallo vedi scheda film
Lui fa il veterinario, senza troppa convinzione né successo. Lei gestisce un’azienda vinicola, o almeno è quel che si evince guardandola sorseggiare un calice di bianco con il panorama delle colline abruzzesi sullo sfondo. Hanno già un figlio - petulante e lamentoso come troppi bimbi cinematografici - ma ne vogliono un altro perché «la sera, quando torni a casa stanco e lo stringi tra le braccia ti si bloccano le emozioni», e dunque ogni occasione e ogni location (soprattutto se a favore di film commission) sono buone per prendersi cinque minuti di pausa e tentare di concepire. Pure troppo, e infatti Giulio/Adriano Giannini accusa una certa stanchezza pelvica, fa alcuni esami, scopre di essere sterile e dà il via alla solita tragedia dell’incomprensione. Che si risolverebbe attorno alla mezz’ora di film, se solo lui rivolgesse nuovamente la parola alla sua Veronica/Serena Autieri e se insieme riscoprissero il valore della matematica, invece no: l’aspirazione (fallita) a commedia degli equivoci ci riserva una fiacchissima galoppata tra litigi, malintesi, scambi di persona, dialoghi improbabili, Enrico Papi che fa il prete, Maurizio Mattioli che dà saggi (?) consigli in romanesco, Noemi che gorgheggia a caso in colonna sonora. La regia è da spot turistico, il ritmo soporifero, la recitazione svogliatissima, e tutto concorre, sequenza dopo sequenza, a rimarcare la sconsolata evidenza che qui, da ridere, c’è ben poco.
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