Regia di Steno, Mario Monicelli vedi scheda film
E' un film che se uscisse oggi, quasi sessant'anni dopo, sarebbe bollato dal marchio infamante della violenza sessista, della misoginia, del politicamente scorretto. Nel 1952 'erano altri tempi', ma rimane una tesi spaventosamente fallocentrica a capo di questo film, cosa di cui gli autori (oltre ai due registi, la ditta Age-Scarpelli) certamente non potevano non essersi accorti. E la brutalità di un Totò che si rassegna a vivere con le donne per pure comodità è scomoda quanto illuminante, orribile quanto sincera (potrebbe dirlo allo stesso modo una donna dell'uomo, chiunque per qualunque categoria/generalizzazione umana); in questo e nella buona vena di Totò il film prende forza. Per il resto si tratta di una serie di episodi montati assieme dal filo rosso della donna vista da Totò. Divertente e per nulla banale.
Un modesto commesso è oppresso dalla moglie e dalle sue fissazioni e abitudini. Eppure, ripercorrendo la sua vita, non trova esempi molto più edificanti di figure femminili. Confrontandosi infine con la moglie capisce che non può comunque vivere senza di lei e la accetta, un po' per consuetudine e un po' per utilità.
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