Regia di Steno, Mario Monicelli vedi scheda film
La cooperazione registica tra Steno e Mario Monicelli è forse una delle più interessanti della nostra cinematografia, specie considerando i differenti destini dei due dopo lo scioglimento del sodalizio: il primo soprattutto legato a logiche commerciali, il secondo più interessato alla personale “commedia umana”. Totò deve molto a loro due: sotto la loro guida ha interpretato quattro dei migliori film della sua carriera, quattro veri e propri ruoli come raramente gli è capitato. Totò e le donne è forse il più debole del quartetto (gli altri sono Totò cerca casa, Guardie e ladri e Totò e i re di Roma) ma è comunque molte spanne sopra gli altri prodotti del principe napoletano. Il cavaliere Filippo Scaparro, narratore metadiegetico con ritrattino di Landru nascosto in soffitta, è uno dei primi ruoli davvero borghesi di Totò, maschera della fame par excellence: la sua voce lega gli episodi di un film tutto sommato antologico ma amalgamato con sapienza e senza l’accetta. Ne viene fuori un racconto probabilmente misogino ma che rappresenta l’incontro tra la cultura corrosiva del Marc’Aurelio (Age e Scarpelli), il lato grottesco dei cialtroni (Monicelli), la confidenza coi meccanismi della pochade (Steno), il consumato mestiere dell’avanspettacolo (Totò). Per questo, al di là dei suoi effettivi meriti, è uno dei film più significativi per capire l’evoluzione della commedia (piccolo)borghese. Primo incontro sul grande schermo tra il principe e Peppino De Filippo, qui suo genero. Nel plotone di presenze femminili spiccano la moglie Ave Ninchi e la domestica Clelia Matania.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta