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Totò di notte n.1

Regia di Mario Amendola vedi scheda film

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La recensione su Totò di notte n.1

di sasso67
4 stelle

La trama è un pretesto per portare Totò e Macario (ormai ridotto nei panni di spalla) in giro per il mondo con due ingombranti contrabbassi, attraverso i locali d'intrattenimento - a volte osé per l'epoca - in cerca di una scrittura come musicisti. Riusciranno a convincere solo un impresario parigino, ma non come musicisti, bensì come pagliacci. Torneranno a Roma dopo essere stati cacciati dagli studi RCA di New York dal maestro Zacharias (il quale domanda a Totò "Conoscete la Nona di Beethoven?" e lui "No, la nonna no, ma la sorella sì, anzi lui l'ha sposata!").
Va detto che i due comici riescono a strappare qualche risata, ma ci si domanda cosa spingesse Totò ad accettare film come questi: onestamente non crediamo che lo facesse per soldi, benché i suoi fossero film di cassetta. Più che la bruttura del film in sé - ne abbiamo visti di peggiori, anche di registi in fama d'intellettuali - sconcerta il fatto che né Totò né Macario (altro comico dignitosissimo della storia dello spettacolo italiano) c'entrano niente con il contesto in cui si muovono. O forse è tutto il resto che non c'entra niente con loro, e forse era proprio su questo che puntava chi ha diretto (Amendola) e prodotto questo film. Come Totò e Peppino facevano ridere nei night club o in Via Veneto con numeri come quelli del Moet Chandon ("Mo' esce Antonio?") o puntando sulla tirchieria contadina di Peppino, qui si mettono i due comici, napoletano l'uno, torinese l'altro, a confronto con un mondo in velocissima evoluzione e decenni più avanti di quello in cui siamo abituati ad immaginarceli. A un certo punto, in America, Totò e Macario rammentano "il presidente Kennedy" e pure se l'immagine del presidente americano assassinato a Dallas ci appare ormai lontanissima nel tempo, i due ci appaiono fuori tempo, come proiettati in un futuro che non appartiene loro. Macario ci sembra di poterlo associare più a qualche monarca sabaudo, mentre Totò a fatica esce dal periodo fascista, per affacciarsi al primo dopoguerra fatto di guardie (per bisogno) e ladri (per fame).
All'epoca dell'uscita del film, in periodo di "pre-rivalutazione di Totò", il critico Giovanni Grazzini scrisse: "La cosa più allarmante, in Totò di notte n.1, è il titolo, che lascia prevedere una lunga serie di film come questo." ma riconosceva che "Nonostante tutto, quando i due comici sono in scena il tempo passa: Totò ha sempre una tale carica di comicità e Macario è così tonto, che i loro numeri accendono talvolta una fiammella di ilarità".

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