Regia di Alessio Lauria vedi scheda film
In un presente distopico, le periferie sono diventate cittadelle sicure e autosufficienti, nelle quali le grandi aziende svolgono (anche) ruoli governativi e gli abitanti hanno tutto ciò che apparentemente desiderano: casa, servizi, lavoro. A disposizione dei lavoratori c’è un centro di ascolto sempre attivo, un confessionale catartico dove dare sfogo a ogni pensiero o crisi, sempre nel totale anonimato e ascoltati da un’altrettanto anonima persona, detta “monitor”, che risponde per iscritto e compila rapporti per i superiori su quanto appreso. Ma il fattore umano, metastasi per questo sistema ad alto coefficiente di spersonalizzazione, si chiama Paolo e la causa della sua presa di coscienza ha i lineamenti di Elisa. Ecco il sentimento, l’attrazione, l’istinto di protezione, l’amore. Tutte creature interiori che nei nuovi nuclei suburbani non hanno diritto di cittadinanza, ma nell’universo intimista del debuttante Lauria (da seguire con attenzione) servono a incrinare - secondo meccaniche drammaturgiche derivative, ma enunciate molto bene - la gelida coltre della burocrazia, dell’ap-parato, della tecnologia. Con movimenti di macchina discreti, transizioni fluide e qualche simbologia elementare (il bosco dopo il bacio, il facile split screen) Lauria affonda delicatamente il coltello in una tra le piaghe della contemporaneità, alla ricerca di un essere umano in via di estinzione.
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