Regia di Fernando Cerchio vedi scheda film
Che Totò sia stato inserito,via via,con gli anni,avviato verso il finale di carriera,in contesti sempre più assurdi o pretenziosi è risaputo.Messo insieme a Maciste,Cleopatra,il grande comico partenopeo qua è compreso in una parodia del film di pirati,sottogenere in voga all'inizio della decade dal '60 al '70,vedi qualche adattamento salgariano,oppure corsari o bucanieri d'altra estrazione,con produzioni volte a sfruttare costumi e scenografie creati per altri titoli.Qui si vuole che il povero ladruncolo Totò,per scampare all'arresto e a probabile impiccagione,si nasconda in un barile che finisce sulla tolda di una nave di pirati,e dopo poco,smascherato,per una serie di equivoci,finisca prima gettato in mare,ma in realtà non ci arriva,poi sventa,con un trucco,un assalto della Marina,e diventa l'eroe del galeone.La trama è appiccicata con il nastro adesivo,le situazioni strampalate,e la regia di Fernando Cerchio è piuttosto scialba,quando non addirittura maldestra (c'è una scena con pietre di vistosa gommapiuma che galleggiano in aria,sullo sfondo,di assai pedestre qualità...),e,come spesso accadeva in queste pellicole,si dava "palla" a Totò,e lo si lasciava improvvisare,augurandosi che si inventasse qualcosa.Non sempre lo schema funzionava,ma in questo lungometraggio,ogni tanto,la scintilla del mattatore si accende,vedi il dialogo con il governatore sordo,che tocca momenti di surreale piacevolezza.Le spalle Castellani e Giuffrè fungono abbastanza,più il primo del secondo,mentre il robusto Mario Petri è un antagonista di poca consistenza.Per chi ama Totò e il suo cinema,un titolo qua e là anche simpatico,ma più che altro un'ennesima conferma del professionismo e della capacità mattatoriale di un comico,abile come pochi,a rendere più appetibile possibile il lavoro dei collaboratori,anche i più mediocri.
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