Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Papa Francesco secondo Valsecchi...
Guardando questa biografia onesta (Horacio Verbitsky non sarebbe d’accordo), toccante e coinvolgente di Jorge Mario Bergoglio alias Papa Francesco viene in mente l’Amedeo de L’UDIENZA di Ferreri. Probabilmente il papa gesuita non gli negherebbe un incontro, però se l’ufficiale medico interpretato da Enzo Jannacci annuncia che deve comunicargli un importante segreto beh, a quel punto, Monsignor Balda e la “Papessa” Chaouqui (novelli Diaz e Aiche della pellicola del ‘71) potrebbero farlo morire una seconda volta. Ma siccome non vogliamo un Vatileaks 3 ritorno su CHIAMATEMI FRANCESCO.
I 98’ di racconto cinematografico si snodano tratteggiando i seguenti capitoli: il giovane Bergoglio studente di chimica simpatizzante con alcuni amici di Peron, la scelta di farsi prete di periferia, gli anni della dittatura di Videla dal ’76 al ’83 con l’incarico di Padre Provinciale di un istituto che – nonostante la presenza di un delatore – cerca di salvare seminaristi e giovani invisi al regime, come la giudice madre e non sposata. Anche lui viene investito dall’aria di inquisizione imposta dai militari: la teologia della liberazione è marxista oppure no? Perché chi si occupa degli ultimi viene segnato e perché tanti giovani spariscono? Jorge perderà numerosi amici e cari, vittime di fucilazioni sommarie, della garrota e dei voli sull’oceano. Nel ’92 diventa vescovo ausiliare del cardinale Quarracino, occupandosi delle periferie e svolgendo l’ingrato compito di mediatore tra il centro e le zone disagiate di Buenos Aires. Fino ad arrivare ai nostri giorni con l’elezione del 2013 sul soglio di Pietro.
Prodotto in pompa magna dal vulcanico Valsecchi in collaborazione con Medusa e Mediaset, CHIAMATEMI FRANCESCO – IL PAPA DELLA GENTE, in versione short per il cinema, è diretto da Daniele Luchetti con bravura e adeguato spirito laico. E’ il ritratto di un uomo non di un santo e ciò emerge spesso, proprio in tutta la sua carica di umanità e solidarietà verso il prossimo. Non sono esenti dei passaggi nazionalpopolari o populistici per strizzare l’occhio allo spettatore, prima cinematografico dopo televisivo. Ottimo il casting e le riprese in Argentina, ma soprattutto lo sono Rodrigo de la Serna e Sergio Hernandez nei panni del protagonista, semplicemente perché riescono a restituire quel carisma che subito abbiamo riconosciuto nel vero pontefice in questione. La versione televisiva di quattro ore può attendere.
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