Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Un santino ha due dimensioni, così il film di Daniele Luchetti, «il primo film su papa Bergoglio», ne imbastisce tre, per fugare il dubbio: c’è il cardinale in attesa del responso del conclave, nel 2013; il giovane prelato nell’Argentina degli anni 70; il vero papa nelle immagini di repertorio post fumata bianca, col suo dirompente, già cinematografico, «fratelli e sorelle, buonasera». Diviso in capitoli con scansione cronologica, sacrificato dal montaggio per la sala, le cui macroscopiche ellissi segnalano la durata del formato fiction tv in cui l’operazione nasce (200 minuti suddivisi in quattro puntate per il piccolo schermo), il biopic si concentra sugli anni argentini (gli stessi già raccontati dal non meno agiografico, ma più verace, documentario del 2014 Francesco da Buenos Aires - La rivoluzione dell’uguaglianza) di Jorge Bergoglio. Lanciando, come ammiccamenti per uno spettatore informato, riferimenti alle cose che fanno di papa Francesco un pontefice “umano”: l’amore per il tango, per il calcio, per la fidanzatina di gioventù. E insistendo sul ruolo giocato da Bergoglio, a inizio carriera ecclesiastica, nella protezione di soggetti invisi al regime di Videla, come risposta alle insinuazioni sollevate fin dall’inizio del suo pontificato (per esempio dal giornalista Horacio Verbitsky): un ritratto rassicurante, di rafforzamento dell’immagine pubblica, che si rivela comunque meno potente della vera icona Bergoglio, quando, nel finale, appare “dal vivo”.
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