Regia di Thomas McCarthy vedi scheda film
Solo sei candidature ai recenti premi Oscar, ma vinti due importantissimi, quello per il miglior film e per la miglior sceneggiatura originale, per "Il caso Spotlight", che torna a dare importanza a un cinema che raccontava come uomini armati di taccuino e dati sulla scrivania, abbiano dato svolte storiche a un sistema. Il modello, esplicitamente, è "Tutti gli uomini del presidente", o perlomeno quel tipo di dramma che, ad un certo punto, pur narrando vicende vere, al limite romanzandole dove necessario, si tramutano quasi in thriller e riescono ad avvincere lo spettatore che, per quanto sappia, più o meno, come siano andate le cose, sta in tensione fino alla fine. Dall'indagine del giornale USA "The Boston Globe", sull'arcivescovo della città Bernard Law, che coprì molti casi di pedofilia dentro la Chiesa locale, tra contrasti, reticenze, pressioni per non far uscire le notizie, il regista Tom McCarthy ha diretto e co-scritto un lungometraggio che, senza filtri, sottolinea, perchè ce n'è bisogno, anche se non sembra, la necessità di un'informazione libera e agguerrita. Non è un film anticlericale, si badi, anche perchè non sono quasi mai in scena religiosi: ma è un'opera che rivendica l'onestà morale come valore assoluto, e in quella che è la scena chiave, forse, del film, quella del locale in cui Paul Guilfoyle cerca di corrompere amichevolmente Michael Keaton, salutandolo con una velata minaccia alla sua opposizione netta, tratteggia un repellente e suadente ritratto degli agenti del Potere, sia religioso che politico. Un cast convinto ( tutti molto bravi, ma Keaton era da premio) aiuta notevolmente la riuscita della pellicola, forse cinematograficamente non innovativa, o troppo classica per regia e stile narrativo: ma un atto di coraggio come questo, su infanzie derubate e futuri adulti disastrati, sull' Innocenza violata nel modo più mellifluamente ignobile, meritava eccome riconoscimento.
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