Regia di Matteo Scifoni vedi scheda film
Un commissario vecchio e malmesso declama una ricetta in un locale per fare colpo sulla cameriera. Nella sequenza successiva, un giovane delinquente prova a rimettersi in carreggiata lavorando in una pizzeria e, prima di venir accusato di non avere voglia di lavorare «come tutti i romani» da un egiziano, si mette a citare Sergio Leone. Poi lo malmena. Siamo al secondo minuto di Bolgia totale e si teme il tragico mix tra tarantinata e stereotipi. Non è così. Il primo lungo di Matteo Scifoni è un noir classico, immerso nella capitale, funestata da droga e decadenza. Quadro realistico - come dire: se il genere in Italia arranca, tra il dilettantismo e la caricatura, non è certo perché manchino solidi input da cui attingere - affiancato a un buon respiro umanista, lampi onirici e tempi del racconto in controtendenza con il plot ansiogeno, che vede il commissario con troppi vizi (Giorgio Colangeli, in una prova maiuscola) e il delinquente psicopatico (Domenico Diele, con dizione troppo pulita) costretti a ribaltare una situazione ad alto rischio. Inseguito e inseguitore dal percorso speculare, tanto che la similitudine è troppo insistita: entrambi devono soldi a qualcuno, entrambi decidono di corteggiare la disperazione senza affrancarsene, lasciandosi andare anche a squarci romantici. Non tutto funziona: alcuni dialoghi sono legnosi, la regia fin troppo scolastica, il finale prevedibile. Ma è un solido sasso in uno stagno.
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