Regia di Maccio Capatonda vedi scheda film
giulio verme nasce solo perchè sua mamma ha sbagliato a fare la lavatrice e ha ristretto la maglia che suo padre adorava. così invece che buttarla, la si riempie con un bel pargoletto, da sbattere appena possibile davanti la televisione. direi che come incipit non è niente male. maccio capatonda in arte marcello macchia, anzi no versavice, crede molto nei suoi personaggi tanto da trasporli su grande schermo(insieme ai collaboratori di sempre) e riuscire nel miracolo di non sminuirli in una serie di sketches slegati malamente l'uno dall'altro com'è capitato purtroppo ai tanti bravi e/o malandati comici che hanno fatto altrettanto. se per esempio checco zalone in arte luca medici, anzi perdon versavice, la pensasse nello stesso modo, forse oltre alla sua simpa(n)ti(p)a(tia) avremmo anche dei prodotti cinematografici.... compiuti?....(ma forse per il momento è chiedere troppo). ovviamente giulio verme assomiglia molto a giulio verne e viene spontaneo pensare ad uno dei viaggi fantastici che fece fare ai protagonisti dei suoi romanzi avventurosi. in un certo senso anche giulio verme fa un viaggio avventuroso in un italia disastrata dalla medietà.... mediezza.... ah si, mediocrità dei tanti vermi che la popolano. del resto il giulio verme fondamentalista delle differenziata, indaga non volendo il suo lato B, ingerendo per errore una pasticca di ddroga che gli fa usare solo il 2% del cervello riducendolo ad un animale della notte con l'idea fissa di SCOPAREEEEEE. il problema è che il lato B di verme si presenta anche in assenza delle pillolette, sempre più esuberante, un pò come lo starck di king-iana e romer-iana memoria. alla fine per risolvere il problema del solito imprenditore senza scrupoli che vuole radere al suolo un parco per costruire "cose belle per persone belle e ricche", giulio verme diventa un terrorista ecologico che distrugge solo per sensibilizzare "i soliti" che davanti alla telecamera si accorgono che gli interessa "quel determinato qualcosa". credo che capatonda sia riuscito a delineare un identikit dell'italiano medio, così come aveva fatto villaggio coi suoi personaggi fantozziani negli anni settanta. si ride coi giochi di parole stupidini ma azzeccati e con i personaggi molto caratterizzati e spinti ai 100 all'ora, ma con un fondo di anima. è ovvio che un giulio verme che non riesce nemmeno a dire "cazzo", prima o poi parta l'embolo e si trasformi nel giulio verme che a furia di scoparsi donne in discoteca spacciandosi per ruud gullit, alla fine trovi soddisfazione nel farsi scopareeeee da un trans in allegria. l'espressione di verme è allucinata sia in un modo che nell'altro, fin da quando ha avuto consapevolezza del proprio nucleo famigliare, e qui mi fermo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta