Regia di Maccio Capatonda vedi scheda film
L’italiano medio del titolo è quello scisso in due nella testa e nelle azioni di Maccio Capatonda, che porta al cinema il personaggio di Giulio Verme, ambientalista integralista che si trasforma - grazie alla pillolina che fa usare il 2% del proprio cervello invece del 20 (parodia di Limitless di Neil Burger, prima ancora che di Lucy di Luc Besson) - in un perfetto esempio di menefreghista. Ma l’italiano medio siamo anche noi, con il nostro sguardo - quello di un Capatonda spesso dubbioso sulle scelte da intraprendere - in mezzo a due mondi che vivono a loro agio, uno accanto all’altro, tanto che basta sfondare una parete per avere l’amante letteralmente in casa (bravissima Barbara Tabita). L’esordio al cinema di una delle menti più creative della nostra tv non poteva essere più preciso e dirompente. Anarchico ma non egocentrico nel portare avanti le sue tante idee (il film a volte ne risente nel ritmo), Capatonda sceglie di lavorare sulla coralità degli attori che l’hanno sempre accompagnato nelle sue avventure (da sottolineare le grandi capacità da caratterista di Luigi Luciano in arte Hebert Ballerina). Con una cura formale (il direttore della fotografia è Massimo Schiavon, già apprezzato per l’esperimento analogo di I soliti idioti) e un’attenzione alla scrittura inedite (un gruppo di quarantenni eccellenti nell’industria audiovisiva), Italiano medio finisce per raccontare meglio di altri le nostre maschere, le nostre gabbie, il nostro cinema.
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