Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
Melodramma dell'immigrazione meridionale a Torino, che nelle mani di Lizzani assurge inaspettatamente anche al ruolo di denuncia dei mali sociali che affliggevano la "capitale" piemontese nei primi anni Settanta. La capacità di assorbimento di mano d'opera da parte della FIAT aveva convogliato su Torino una massiccia immigrazione dal Sud Italia, creando un'alta offerta di prestatori d'opera e quindi facendo crollare il potere contrattuale dei lavoratori. Da ciò a forme di caporalato gestite da sistemi embrionali di malavita organizzata, il passo è (era) breve.
Essendo il protagonista un Bud Spencer serio e spogliato per una volta della compagnia di Terence Hill, la storia assume da subito i toni da Libro Cuore, dove l'eroe barbuto assume il ruolo di Garrone cresciuto, che ha ormai messo su famiglia con moglie (Françoise Fabian) e figli, difensore degli operai più deboli, sfruttati da imprenditori privi di scrupoli, paternalisti e falsamente benevoli.
Certo, alla credibilità del film non giova la presenza di Nicola Di Bari nel ruolo dell'eroico avvocaticchio che si batte per il buon Rosario ed i suoi due furbeschi figlioletti. I quali si arrangiano con il contrabbando delle sigarette ed hanno le facce simpatiche di Andrea Balestri e Domenico Santoro, rispettivamente Pinocchio e Lucignolo nel celebre romanzo televisivo di Luigi Comencini. Sono loro la carta migliore del film e si sanno far perdonare anche qualche «minchia!» di troppo.
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