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Il nemico invisibile

Regia di Paul Schrader vedi scheda film

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La recensione su Il nemico invisibile

di amandagriss
7 stelle

 

“la tua malattia è nel sangue, la mia nel cervello: mi dimentico le cose”

 

L’ America è un malato di demenza senile, il cui sistema nervoso si atrofizza progressivamente e la materia cerebrale si assottiglia, generando una serie di cortocircuiti tali da mandare in default quello che una volta era un organismo sano e robusto, guidato sorretto e alimentato da elementi cardini alla base di pensieri ed azioni di cui al giorno d’oggi si son perse le tracce.

L’ America smette la robusta corazza dei gloriosi tempi d’oro, fatta di quell’etica comportamentale rigida e rigorosa che l’ha resa la Nazione delle Nazioni, un esempio di rettitudine, patriottismo e lealtà per tutti (o quasi tutti) i popoli della terra.

Adesso è allo sbando, e mostra il suo scheletro fragile, malandato, consumato, traumatizzato.

Incapace e inadeguata a vivere la realtà che imperterrita sputa lingue di fuoco incandescente, radendo al suolo tutto ciò che incontra.

Inaridendo quel grande prato verde rigoglioso di speranze, sogni, princìpi, valori, nobili ideali.

Eppure, nonostante appaia vetusta, smarrita, confusa, ferita, il suo cuore pulsa ancora di quell’energia di ‘fare’, di operare concretamente perché la giustizia trionfi, i conti in sospeso saldati, la verità ristabilita.

Ovunque, incontrastata, domina la corruzione, e nella stanza dei bottoni sono i conflitti d’interesse a condizionare ogni singola scelta, ogni mossa e strategia da adottare.

La secolare integrità di un Paese che si è fatto con le proprie mani, simbolo della libertà e del progresso in ogni sua forma è irreversibilmente compromessa.

L’azione sul campo è un concetto poco moderno, che la mente non considera più, e quegli uomini, sempre più rari, quasi una leggenda, che con convinzione e senso di abnegazione onorano quotidianamente i dettami della vecchia scuola, non temendo nemmeno di imbrattarsi del sangue del nemico da scovare ed annientare, vengono inesorabilmente ostacolati, isolati, eliminati.

Gentilmente invitati con la forza ad abbandonare la loro più che decennale postazione di difensori-eroi dell’umanità tutta.

Una crocetta su un modulo standard di inutili scartoffie, e tutto viene dimenticato, lavato via come con un colpo di spugna.

È sicuramente meglio starsene rintanati nella sicurezza del proprio angolo d’ufficio e dialogare tutto il tempo con un computer, tornare la sera a casa dal lavoro sapendo di non aver adempiuto al proprio dovere, invece di esporsi in prima persona, affrontare il nemico faccia a faccia, metterlo al tappeto, alla luce del sole, senza scendere a patti di alcuna sorta.

Nicolas Cage incarna alla perfezione questa America demente, martoriata, mortificata nell’orgoglio, che, pur nella desolazione circostante, ancora crede, e sostiene a gran voce la validità di quegli antichi sani valori dispersi per strada, preoccupandosi di tramandarli alle nuove poco convinte generazioni.

Come un salmone che risale la corrente.

 

nemico_invisibile.jpg

 

Paul Schrader scrive e dirige un film assai anomalo, che secondo le dichiarazioni sue e quelle degli attori partecipi è stato ‘manomesso’ e rimaneggiato dal potere sonante dei produttori.

Eppure la sostanza resta. Ed è bella corposa.

Al di là dell’apparente sconclusionatezza della trama, e di un intreccio che a tratti, soprattutto nelle battute finali, pare andare a braccetto col ridicolo involontario, l’ultimo film dell’autore di The Canyons (altro clamoroso fraintendimento) è da leggere in filigrana: una metafora sulla deriva morale (non solo dell’America) della nostra difficile, contorta, ambigua, degradata contemporaneità, travestita da spy-thriller d’azione di puro leggero intrattenimento da multiplex.

I primi, veri, più temibili nemici abitano la nostra stessa casa, si trovano in mezzo a noi, sono tutti quelli che fingono di non vedere e di non sentire, e con il loro silenzio autorizzano il compimento di azioni assolutamente disumane.

Il nemico invisibile è un assestato “j’accuse” sul tempo dei nuovi barbari, sulla vile prudenza (o diplomazia) che governa un’umanità in pericolosa regressione.

Sempre meno leoni, sempre più un popolo d’agnelli destinati al macello.

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