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Topaz

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Topaz

di FABIO1971
6 stelle

Durante i titoli di testa scorrono le immagini delle parate militari sulla Piazza Rossa di Mosca: "Tra questa folla c’è un alto ufficiale russo che disapprova queste minacciose dimostrazioni di forza del suo governo. La sua coscienza lo spingerà presto a tentare la fuga durante una vacanza all’estero con la sua famiglia" (volendo estremizzare il concetto, i problemi di Topaz sono racchiusi quasi interamente in questa poco elegante introduzione e nello spaesamento che ne deriva: il diretto riferimento politico, infatti, infrange la consuetudine hitchcockiana, quasi sempre rispettata, di servirsi nei suoi film di agganci molto velati con la realtà). Copenaghen, 1962: il colonnello Boris Kusenov (Per-Axel Arosenius), alto funzionario del KGB, si rivolge alla CIA per espatriare con la propria famiglia negli Stati Uniti. Il tempo di sbarcare a Washington e la notizia della sua fuga ha già fatto il giro del mondo: i più interessati, oltre agli americani, sembrano i servizi segreti francesi, incaricati dal governo di scoprire dove gli americani tengono prigioniero il colonnello russo. Intanto gli agenti della CIA, coordinati da Michael Nordstrom (John Forsythe), interrogano Kusenov ("Colonnello Kusenov, noi vorremmo che lei ci dicesse tutto ciò che sa su di un solo argomento: Cuba"), scoprendo l’esistenza di un patto segreto tra Unione Sovietica e Cuba. I documenti che lo testimoniano sono in possesso di Rico Parra (John Vernon), pezzo grosso del governo cubano: l’uomo è a New York e Nordstrom ha già scovato una possibile talpa nel suo entourage, il segretario Luis Uribe (Donald Randolph), che, secondo i piani, dovrebbe prelevare i documenti. Solo che Uribe odia gli americani e non tratterebbe mai con loro: Nordstrom, allora, contatta il suo amico Andre Devereaux (Frederick Stafford), agente del controspionaggio francese, per corrompere il segretario di Parra ed entrare in possesso del prezioso materiale. La conoscenza del preoccupante contenuto di quei documenti, che rivelano l’esistenza di testate nucleari a Cuba, convince gli agenti americani a proseguire la collaborazione con Devereaux, che viene spedito nell’isola caraibica per indagare sulla faccenda. Arrivato a Cuba, Devereaux può fare affidamento sull’appoggio di Juanita De Cordoba (Karin Dor), sua amante, esponente di un movimento segreto anticastrista e, soprattutto, compagna di Rico Parra: sarà proprio grazie al sacrificio della donna che Devereaux riuscirà a scampare alla cattura e a tornare a New York con le prove fotografiche della presenza sull’isola dei missili sovietici. I suoi superiori, però, venuti a conoscenza della missione a Cuba per conto degli Stati Uniti, lo richiamano immediatamente a Parigi: per ricambiare il favore, gli agenti della CIA rivelano a Devereaux un’inquietante informazione appresa sempre dal colonnello Kusenov (e motivo, quindi, dell’improvviso interesse del governo francese per la fuga del funzionario sovietico), ovvero l’esistenza di un’organizzazione segreta di altissimi funzionari di stato francesi al soldo dell’Unione Sovietica e denominata "Topaz". Devereaux non ha alcuna esitazione: giunto a Parigi, infatti, avvia subito le indagini, si infiltra nell’organizzazione e smaschera i traditori.

Ad aprile del 1967 Hitchcock era al lavoro sulla prima stesura di quello che poi, completamente stravolto, diventerà lo script di Frenzy: l’Universal, che aveva appena acquistato a caro prezzo i diritti di sfruttamento del nuovo romanzo di Leon Uris, Topaz (1969), ispirato a una storia vera (il caso Sapphire) e vietato in Francia da Charles De Gaulle (anche se, come racconta François Truffaut nel suo Il cinema secondo Hitchcock, circolava clandestinamente in una versione canadese), lo convinse a realizzarne la riduzione cinematografica. Insoddisfatto, poi, dell’adattamento approntato dallo stesso Uris, Hitchcock contattò in fretta e furia il suo amico Samuel A. Taylor, che si era già occupato del copione di La donna che visse due volte, e gli affidò il compito di salvare la sceneggiatura. Topaz, a scanso di equivoci, non è un Hitchcock memorabile, ma neanche quel clamoroso passo falso con cui venne bollato ai tempi dell’uscita nelle sale: resta, ovviamente, il suo più spaventoso flop commerciale (un milione di dollari di incassi a fronte di un costo di quattro volte superiore) e risente senz’altro delle ampollosità del romanzo ispiratore, ma all’epoca, impietosamente e senza motivi per un simile astio, non gli venne perdonato nulla (pochissime le eccezioni, come Vincent Canby, che sul New York Times del 20 dicembre 1969 salutò il film entusiasticamente: "La star di Topaz è Hitchcock, che, esclusa la sua breve e consueta apparizione, resta sempre fuori dallo schermo, manipolando le nostre emozioni così come i nostri ricordi di molti altri suoi film, da Il prigioniero di Amsterdam a Sabotatori e Il sipario strappato, tutti inferiori a Topaz"). Addirittura gli venne imputato di non avvalersi di qualche divo nel cast, quando poi, due anni dopo, quegli stessi detrattori apprezzarono la scelta di Hitchcock di non servirsi di attori famosi per Frenzy. E in ogni caso John Forsythe, l’affascinante Karin Dor, John Vernon, il tris d’assi francese (Michel Piccoli, Philippe Noiret e la giovane Claude Jade di Baci rubati di Truffaut), lo stesso, legnoso Frederick Stafford, assicurano comunque un apporto impeccabile, così come professionali ed efficaci si rivelano la fotografia di Jack Hildyard e la colonna sonora di Maurice Jarre. Insomma, allora che cos’è che non va? Anzi tutto una struttura narrativa farraginosa, che ingloba due vicende (a Cuba e in Francia) palesemente slegate l’una dall’altra; poi, come già evidenziato, la scelta non eccessivamente felice dell’immersione (leggasi: sarcastico anticomunismo) nelle schermaglie politiche e dialettiche della guerra fredda; la suspense, infine, modesta, e la tensione che vibrano a corrente alternata. Difetti, quelli del film, poi amplificati dalle aspettative deluse dell’appassionato. Nonostante tutto, però, Topaz possiede una sua innegabile dignità spettacolare, in cui la mano ispirata del suo autore riesce a emergere con prepotenza in più di un’occasione: dal meraviglioso incipit a Copenaghen (con la famiglia russa che esce dall’ambasciata sovietica, attira le spie prima in un laboratorio di ceramiche, poi le semina in un grande magazzino e, con l’aiuto degli agenti del controspionaggio americano, sbarca a Washington) alla splendida sequenza quasi muta dell’incontro tra Uribe e l’agente francese incaricato da Devereaux di corromperlo, dal crescendo di suspense che accompagna la sequenza del furto dei documenti al magistrale e raggelante carrello all’indietro che, dal primo piano dei corpi martoriati dei coniugi Mendoza (Lewis Charles e Anna Navarro), allarga l’inquadratura sulla stanza dell’interrogatorio, fino alla sequenza della morte di Juanita, forse il momento più alto del film. Resta un’opera imperfetta ma tutt’altro che deludente: da riscoprire, possibilmente senza tutto l’astio che la "gratificò" all’epoca della sua uscita…

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