Regia di Carmelo Bene vedi scheda film
Una stanza buia con al centro un vasto letto matrimoniale, mentre attorno porte a specchi che cigolano potrebbero condurre altrove o si aprono su armadi sinistri ove si custodiscono armi e corazze.
Il Macbeth di Carmelo Bene, nella ripresa televisiva tratta da una delle sue rappresentazioni teatrali, approfitta e si avvantaggia della telecamera per concentrarsi sula espressività fuori dal comune del celebre autore ed attore, che riesce a far suo il personaggio e a rendere palpabile il delirio che lo assilla.
Una follia che lo induce a gesti inconsulti, a mimiche deformate, a timbri di voce alterati in cui recitazione dal vivo ed utilizzo di playback scientemente asincrono si intersecano rendendo ancor più inquietante la performance del grande maestro.
L'azione si è già conclusa, il fatto di sangue pure: restano le macchie di sangue che, intrise nelle bende e tra le lenzuola del letto, si rivelano dapprima in estensione, per poi sparire come miraggi.
Lady Macbeth /Silvia Pasello) affianca il marito cercando di tenere a bada la follia che lo prende, e placare il delirio che sembra quasi trasformarlo in una belva senza raziocinio che agisce per istinto, per difendere gli sviluppi di quella ormai nota profezia che, almeno in parte, lo vede emergere su tutti, e che poi lo stesso Macbeth cerca di beffare, temporeggiando sulla sua effimera permanenza al trono.
Ma il Macbeth di Bene fagocita ogni vicenda, ogni sottostoria, e si erge ad emblema di uno stato d'animo che viene direttamente gettato in pasto ad uno spettatore costretto a concentrarsi sul dolore e sul disagio del protagonista, senza potersi aggrappare a nessun altro tassello di una storia che resta molto, se non completamente in sottofondo.
In circa sessanta minuti di rappresentazione che risultano nel contempo ostici e quasi ipnotizzanti, Carmelo Bene fagocita tutto, anche quel residuo di contesto scenografico già minimale che si azzera di fronte alla recitazione totalizzante, istrionica ed addirittura invasata del grande attore.
Impossibile non uscire dalla rappresentazione con la convinzione che l'attore non abbia solo fagocitato ogni altro aspetto della scena, ma che abbia addirittura fagocitato tutto ciò che gli sta attorno, raccontando una vicenda nota e complessa, con un complesso rito di gestualità e di mimica faciale che paiono improvvisati e concepiti sul momento, e dunque impossibili da ripetere allo stesso modo in altre e successive rappresentazioni.
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