Regia di Conor McMahon vedi scheda film
Prodotto irlandese concepito in massima economia. Mal scritto, fotografato e girato. Su una trama senza solida base, il regista compone un disastroso lungometraggio che si svolge nella classica unità di tempo, luogo e azione. Ovviamente solo per contenere ulteriormente i costi (anche di montaggio).
Un contadino smuovendo della terra riporta alla luce un corpo mummificato, per essere poi aggredito, a tempo di record, dal cadavere (inspiegabilmente) rianimato. Sarah (Niamh Algar) e Mark (Stephen Cromwell) sono una coppia di fidanzati in viaggio per le colline irlandesi, finché un guasto all'auto li costringe a cercare soccorso. Al tramonto, finiscono nel podere abitato dal fattore, anche lui, dopo l'aggressione, trasformato in zombie. Casualmente Sarah e Mark scoprono che le due creature non sopportano la luce, pertanto tentano di difendersi in tutti i modi, evitando di esporsi alle tenebre della notte.
L'Irlanda non ha una gran tradizione cinematografica, al contrario. Addirittura nello specifico del genere horror si ricorda a fatica un raro film, giunto anni fa' direttamente in dvd anche in Italia: s'intitola Dead meat (2004) e tratta dell'abusato argomento zombi ma lo fa in maniera piuttosto originale e stravagante riuscendo a coinvolgere proprio per l'insolito contesto collinare (quasi bucolico) e per la convinta regia di Conor McMahon. Autore che -guarda caso- a distanza di tanti anni torna dietro la macchina da presa per dare origine ad un altro film sul tema dei revenant.
Ma, tradendo tutte le aspettative, questa volta il prodotto rimane relegato nel minimalismo più dannoso. Due attori in croce e due comparse vagamente truccate da zombi, riprese in condizioni di luce tremenda; una serie di immagini mai in quadro, con l'obiettivo che punta -invece che ai protagonisti- a (in)definizioni parziali (gambe, braccia, busti, corpi ripresi a pezzi e mai con grazia di prospettiva); una qualità video a livello di smartphone con costanti sommovimenti in grado di provocare un fastidio continuo. Per non dire delle location, sulle quali risalta una fattoria abbandonato persa in una zona paludosa. Per tentare di vivacizzare il film, Conor McMahon ci butta dentro un paio di soggettive (color verde fosforescente!) dello zombi principale e una scena che dovrebbe schifare (il taglio di un dito onde evitare il contagio). Ma il tutto è composto in maniera dilettantesca e con un'approssimazione di ripresa ch'è di gran lunga inferiore al livello amatoriale. Il regista non solo delude per la (brutta) confezione data al prodotto finito; avendone anche scritto la sceneggiatura, a lui spetta l'ulteriore demerito per una storia (inesistente) con ritornanti fuori tempo massimo, anche nell'anno in cui From the dark è stato girato (2014): con un inizio a pari merito -per qualità e atmosfera- del nostrano Zombi horror (aka Le notti del terrore di Andrea Bianchi), dove un tizio smuovendo e cercando non si sa bene cosa, riporta in vita gli zombi.
Ma le similitudini finiscono qua, perché mentre il film di Bianchi per quanto brutto riesce però a divertire, quello di McMahon indispone dall'inizio alla fine. Dopo questa "bella" esperienza, il cineasta irlandese è tornato a dirigere cortometraggi, facendo -così- di From the dark un esordio... al contrario.
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