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The Reaper

Regia di Zvonimir Juric vedi scheda film

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La recensione su The Reaper

di EightAndHalf
7 stelle

scena

The Reaper (2014): scena

 

Urla in sordina compresse fra i brandelli delle immagini. Urla zittite, ammutolite. The Reaper è un film buio, privo di luce e di catarsi, in cui l’oscurità è squarciata da fredde illuminazioni artificiali (fanali, pali della luce, neon). Colori e tonalità visive che si fanno portavoce del posticcio tentativo degli esseri umani raccontati di diventare protagonisti, e salvarsi dalle tenebre.

 

Il film di Zvonimir Juric, qui alla sua opera seconda dopo la coregia di Crnci (2009), terza se consideriamo il cortometraggio Zuti Mjesec sempre del 2009, è un quieto rincorrersi narrativo di solitudini, che indaga la possibilità dell’empatia e della compassione, senza mai giungere a conclusioni affrettate. Fin dalle prime immagini veniamo immersi in una condizione di non-attesa, come se già sapessimo che niente potrà cambiare, e qualunque conclusione sarà superficiale e non fattiva. Non cerchiamo di inquadrare i personaggi sotto qualche particolare punto di vista, questo costante alternare campi lunghi e primi piani, spazi stretti e spazi aperti, spazi bui e spazi luminosi, anche  fuoco e fuori fuoco in certi casi, rappresenta proprio la tensione che si avverte fra il desiderio di partecipare emotivamente alle vicende, e la necessità di guardarle da un punto di vista esterno e quasi entomologico. In questo senso, può apparire prevalente la seconda opzione: non è trascurabile la particolare dinamica per cui sarebbero gli eventi, silenziosi ed eventualmente fuori campo, a prevalere sulla possibilità dell'empatia, come anche sulla possibile messa in mostra di uno “sguardo” vero e proprio da parte del regista. Per antitesi, Juric illustra il proprio punto di vista negandosi alla scena (banalmente diremmo lavorando di sottrazione), rincorrendo l’immagine piuttosto che costruendola. È per questo che, nonostante lo sporadico intervento extra-diegetico di una colonna sonora, il film appare stranamente non-realistico, interessato quanto meno non solo al mondo che racconta, ma anche a come lo spettatore possa osservarlo.

 

Mirjana Karanovic

The Reaper (2014): Mirjana Karanovic

 

Accorgimento frequente di Juric, anche in Zuti Mjesec, è che i personaggi disposti nell’immagine appaiano stretti in uno spazio virtualmente ridotto. Mirjana si lava la faccia nel bagno del benzinaio e noi la osserviamo stretta fra gli infissi della porta; Ivo ci appare coricato sul letto, nel finale, attraverso ancora una volta la porta di ingresso del suo appartamento; in Zuti Mjesec addirittura le braccia di una delle due protagoniste è come se incorniciassero il volto dell’altra. È un accorgimento che rappresenta esso stesso la tensione fra partecipazione e allontanamento: dare un senso claustrofobico alla disposizione degli ambienti, pur mantenendo la distanza, appare come il più raffinato dei compromessi.

 

Ivo Gregurevic

The Reaper (2014): Ivo Gregurevic

 

The Reaper, come in generale il cinema di Zvonimir Juric, è fatto di corpi silenziosi che faticano ad esprimere la loro richiesta d’aiuto. Sono tragedie quotidiane, in cui a contare sono l’invadenza del parere altrui, il pregiudizio, la paura, la noia. Nel cinema di Juric, alla fine, nonostante le tragedie, il mondo torna a dormire, e questa tra le tragedie è la più oscura e definitiva.

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