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The Reaper

Regia di Zvonimir Juric vedi scheda film

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La recensione su The Reaper

di maurizio73
6 stelle

Giocato sul naturalismo di una serie di inquadrature fisse in campo medio e sulla laconica sobrietà dei dialoghi è un dramma della solitudine e del pregiudizio che si traduce in un apologo nichilista sul valore dei sentimenti e sulle misteriose forze che governano il destino degli uomini.

Con la macchina in panne su di una stradina di campagna, una donna viene soccorsa nottetempo e aiutata da un taciturno agricoltore di mezza età che la accompagna alla vicina stazione di rifornimento. Qui viene informata che l'uomo è appena uscito dal carcere dopo una condanna ventennale per violenza carnale ma decide lo stesso e con qualche titubanza di concedergli fiducia. 

 

locandina

The Reaper (2014): locandina

 

Il viaggio nella notte di una forestiera passata di lì per caso, la trappola della sorte che gioca a sfavore di chi ha un torto che non è riuscito a farsi perdonare, il peso del pregiudizio che grava sulla coscienza degli uomini come l'ombra minacciosa di un passato cristallizato dalla polvere del tempo sono le labili tracce di un microcosmo remoto ed inaccessibile in cui sembra farci precipitare il croato Zvonimir Juric con questo thriller sociale sospeso in quella terra di nessuno in cui ci aveva trascinato da tempo un maestro come N.Bilge Ceylan (Once Upon a Time in Anatolia) e che qui viene ricondotto ad una serie di rapporti umani su cui la solitudine e l'incomunicabilità hanno fatto calare la densa grevità della loro ombra caliginosa. Giocato sul naturalismo di una serie di inquadrature fisse in campo medio e sulla laconica sobrietà dei dialoghi, il film di Juric dispiega con estenunate lentezza la intricata matassa di una realtà sociale ed esistenziale dove il non detto ed il linguaggio non verbale sono i codici riconoscibili di una tecnica drammaturgica che ci presenta, nell'apparente banalità di un finale angosciante, il triste conto di un epilogo prevedibile, laddove la tragedia incombe minacciosa sotto le mentite spoglie di una violenza che, quando non trova sfogo all'esterno, non può che essere rivolta contro sè stessi. Attraversato da pulsioni di vita (un bambino appena nato, un altro che sta per nascere) e di morte, da uno spirito di appartenenza sociale e familiare che sembra escludere e condannare chi non gli appartiene e dalla fiducia senza speranza di una sensibilità che prova a tendere una mano ma che finisce involontariamente per esasperare conflitti latenti ed incoffessabili verità , questo dramma della solitudine e del pregiudizio si traduce in un apologo nichilista sul valore dei sentimenti e sulle misteriose forze che governano il destino degli uomini assumendo nell'ambiguo e toccante finale i tratti di un simbolismo forse un pò troppo criptico, laddove un personaggio che si fa coscienza critica del regista e dello spettatore libera dalla sua catena il cane di un padrone che non ha avuto la (sua) stessa fortuna. Opera già matura da un punto di vista espressivo, paga forse lo scotto di una difficoltà di temi e antispettacolarità delle forme che, se gli hanno garantito i sacrosanti finanziamenti nazionali e comunitari (MEDIA Programme of the European Union), sembra destinato più alla ribalta delle kermesse festivaliere ed all'interesse di pochi cultori di un cinema di nicchia che al giusto riconoscimento di un pubblico più vasto. Premiato al Pula Film Festival 2014 è stato presentato in concorso nella sezione Cinema Contemporaneo nel Mondo al Toronto International Film Festival 2014.

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