Regia di Franck Khalfoun vedi scheda film
AFA ESTIVA & BRIVIDI HORROR
Incontriamo una vedova con due gemelli, di cui il maschio ridotto da anni allo stato vegetativo a causa di un incidente occorso assieme alla sorella, e la terza sorella ancora bambina, mentre si recano in macchina, con i bagagli e scortati dall’ambulanza che accompagna il malato, alla nuova casa acquistata a poco prezzo e di bell’aspetto.
Una villa grande e immersa nel verde di un quartiere residenziale apparentemente incantevole.
Ma presto Belle, la gemella sana, scopre che quella casa fu il teatro macabro di un tragico fatto di sangue occorso quarant’anni orsono: un padre, spinto da voci misteriose, fece strage dei propri familiari, mietendo sei vittime, tra consorte e figli bambini.
L’inquietudine accresce quando le condizioni del fratello in coma, da anni in perenne ed inesorabilmente inflessibile stato vegetativo, migliorano al punto da metterlo in grado di comunicare, con un apposito computer comandato dallo sguardo, con i familiari: i quali, tra gioia ed emozione incontenibile, evitano di porsi troppe domande circa il repentino e davvero insolito miglioramento.
Ma a Belle qualcosa non torna e, coadiuvata da un paio di amici di scuola, che la aggiornano sui dettagli dei macabri fatti avvenuti a fine anni ’70, scoprirà che la casa ove sono finite a vivere non è stata una scelta casuale da parte di una madre sola e disperata in cerca di un luogo tranquillo ove gestire il proprio calvario.
Dopo il famoso (ma non proprio eccelso) capostipite del 1979 (Amityville Horror di Stuart Rosemberg) ed un seguito un po’ sbiadito a cura del nostro Damiano Damiani (Amityville Possession del ’82), la saga dedicata alla casa indemoniata di Amytiville ha avuto un seguito in grado di distinguersi solo grazie agli effetti 3D (a suo tempo piuttosto efficaci e sorprendenti).
Poi, a parte un poco noto (e probabilmente apocrifo) Amityville Doll House del 1996, abbiamo atteso fino al 2005 per un buon remake dell’originale (probabilmente il migliore della serie), per la regia di Andrew Douglas e forte di due validi attori come Ryan Reynolds e Melissa George.
Ora si ritorna – è proprio il caso di affermarlo testualmente, sul luogo del delitto: stessa casa, medesime atmosfere maligne animate da una presenza diabolica in grado di condizionare a sé menti e relative azioni, per scopi turpi e dagli effetti letali.
Peccato che il film non faccia mai davvero nulla per uscir fuori dai binari della scontatezza e della routine stracca di un film horror come tanti, qui tra l’altro stringatissimo, semplicistico fino all’imbarazzo, e colmo di situazioni prevedibilissime anche da chi, rispetto ai film di genere, non è un abituale fruitore (non ci crederete, ma il cane di famiglia fa una brutta fine…. Ecco l’imprevedibile e incauto spoiler di cui vi rendo vittime!!!!) .
E dire che il regista, Franck Khalfoun, non è un cineasta improvvisato in zona tensione e soluzioni sanguinolente; così come parrebbe azzeccata, se non perfetta la scelta di far interpretare il ruolo della madre devastata dal dolore da una Jennifer Jason Leigh perfetta a rendere ipotizzabile il mutamento di personalità che la affligge a seguito di un dolore troppo grande da sopportare.
La divetta Bella Thorne (la fantasia degli eccelsi sceneggiatori non è stata in grado nemmeno di riuscire a cambiare il nome all’attrice protagonista, semplicemente mutata da Bella a Belle) si impegna nella sua parte, senza tuttavia riuscire a rendere migliore la banalità delle scene in cui è quasi sempre coinvolta.
Il film cita espressamente il reale best sellers del ’77 che racconta i fatti accaduti nella villa durante il ’74 (esso diventa la base per la protagonista ed i suoi amici per trarre informazioni sulla casa ed i misteri maligni che nasconde e di cui si circonda), e ne ambienta il seguito esattamente un quarantennio più tardi.
La fisionomia maestosa e sinistra della casa indemoniata, con quelle sue due finestre dolenti come occhi segretamente ghinanti, funziona ancora, ma il problema qui sta tutto nella sceneggiatura, solo abbozzata, scopiazzata e priva di qualsiasi soluzione originale od inventiva degna di nota.
Su queste svogliate e fragili basi, il peso dell’operazione crolla inevitabilmente, riducendosi il prodotto finito ad un mero schematico filmetto portato a termine per incassare il più possibile, contando su un filone che, pur non essendo memorabile come altri concorrenti, non accenna a non tornare a riproporsi… in questo caso come una vera insistente minaccia dura da debellare.
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