Regia di Takashi Miike vedi scheda film
Con un curriculum lungo così, zeppo di film di ogni genere il cui minimo comune denominatore è un approccio al tempo stesso poetico, brutale e fantasioso all'arte cinematografica, Takashi Miike è divenuto ormai ospite fisso al Festival di Roma firmato Marco Muller: dopo aver presenziato con ben tre lavori alle due passate edizioni (Lesson of the Evil in concorso nel 2012, e The Mole Song e Blue Planet Brothers rispettivamente in e fuori concorso l'anno successivo) il talento più cinebulimico del pianeta torna in quella del 2014 per ritirare il Maverick Director Award, approfittando dell'occasione per mostrare in anteprima mondiale la sua ultima fatica (che stando ai dati forniti da IMDb dovrebbe essere la novantatreesima), As the Gods Will (Kamisama no Iu Touri), versione live action di un manga popolarissimo in patria, pubblicato nel 2011 e con un numero 2 attualmente alle stampe.
Il regista giapponese, come sempre gli accade con questo genere di adattamenti, non si preoccupa minimamente dell'attendibilità dei fatti esposti, né tantomeno della verosimiglianza delle situazioni, preferendo piuttosto creare un vero e proprio manga animato e riproducendo dello stesso i colori pastello e i paradossi spaziali, facendo sfidare ai propri personaggi le leggi della fisica e ricorrendo alla computer graphic per generare delle creature che non intendono far paura ma generare sorpresa e ilarità: trattasi, in pratica, di cinque bambole appartenenti alla tradizione culturale nipponica (riprodotte con precisione certosina) che si presentano agli sfortunati protagonisti in cinque momenti diversi e sequenziali che altro non sono che i cinque livelli di un gioco al massacro. La trama, semplice e folle, di As the Gods Will è sostanzialmente tutta qui, dove gli dei del titolo sono queste stesse creature che, giunte sui cieli di Tokyo e di tante altre città nel globo a bordo di enormi cubi grigiastri privi di accessi, entrano nelle scuole prendendo letteralmente il posto dei docenti ed iniziando a seminare il panico tra gli alunni, mettendoli (prima all'interno delle aule, poi nello spazio astratto e cangiante dei cubi stessi) alla prova con esperimenti nei quali l'oggetto del contendere è la loro stessa vita.
Innaffiando le immagini di sangue con la leggerezza che da sempre gli è propria, Miike continua a non prendersi mai sul serio e a sorridere con malizia, in un film che forse non aggiungerà molto nell'economia della sua filmografia sterminata, ma che, probabilmente, messo nelle mani di un autore privo di cotanta sensibilità per il surreale e di gusto per l'eccesso, avrebbe finito per annoiare dopo venti minuti o risultare maldestramente irriverente: qui invece ci si diverte senza mai guardare l'orologio, e si tira anche un sospiro di sollievo nel finale, quando un colpo di coda ben assestato (ed esilarante) spazza via il timore che il Nostro, con l'avanzare dell'età, abbia anche cominciato a perdere qualche grammo di cattiveria.
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