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Little Gay Boy

Regia di Antony Hickling vedi scheda film

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La recensione su Little Gay Boy

di alan smithee
7 stelle
LITTLE GAY BOY TRILOGY di ANTONY HICKLING nasce come una raccolta cronologica di tre corti: una trilogia che raccoglie il lavoro di un giovane autore d'accordo, ma alla fine e a tutti gli effetti, ormai un unico lungometraggio con un preciso filo conduttore, destinato a far discutere per le situazioni forti e la dirompenza del suo percorso. Trilogy è innanzi tutto un calvario piu' profano che sacro in cui i dogmi religiosi appaiono non certo casualmente ad influenzare, compromettere e devastare il primo ventennio di vita del ragazzo del titolo. Il percorso terreno di Jean Christophe o J.C., guarda caso le iniziali identiche a quelle di Jesus Christ) viene filmato da Hickling gia' ben  prima della sua misteriosa, quasi inspiegabile e miracolosa concezione: figlio di una prostituta eccentrica, obesa ed inacidita dalla vita e dagli ostacoli tortuosi che la vita le ha sempre messo dinanzi, il ragazzo le viene annunciato da un angelo dalle vesti di una splendida ragazza bionda che, cosciente di attrarre sessualmente la donnona, tuttavia in piu' occasioni finisce per prendersi gioco di quest'ultima, con crudele divertito sadismo. Come una Maddalena peccatrice ma tutt'altro che redenta, la nostra giunonica peccatrice partorira' il bel J.C. che il secondo lungometraggio ci mostra già sedicenne, biondo, bellissimo e dagli incantevoli occhi cerulei e tristi. Attratti dalla sua bellezza fresca e ancora adolescenziale, diversi personaggi, per lo piu' fotografi senza scrupoli e libidinosi, ma anche un datore di lavoro sadico e feticista, se lo passano di mano e contendono spingendolo a situazioni di degrado umilianti, forti sottomissioni che devastano il ragazzo mortificato ma nello stesso tempo anche attratto morbosamente da quel mondo sotterraneo e inconfessabile.  
 

 

 

 

 

 


Nel terzo episodio a J.C. si materializzera' finalmente una figura paterna, mai conosciuta prima: un uomo gretto e facilone, dall'umorismo greve e sterile (ad interpretarlo, riconosciamo l'ottimo l'attore francese Manuel Blanc) la cui figura tuttavia procura nel giovane figlio un sentimento di attrazione che svia  molto presto dal sentimento affettivo filiale più appropriato, per spingersi oltremodo verso una piu' inequivocabile ed oscena attrazione sessuale e dunque inevitabilmente incestuosa.
 

 

 

 
Hickling ci spiega, nel dibattito che segue il suo complesso e non sempre "digeribile" film, che l'opera e' stata concepita come un "work in progress" ispirato ad episodi e sentimenti, situazioni e stati d'animo, effettivamente vissuti dal cineasta, edulcorati, resi eccessivi certo e colorati di uno stile che ricorda e pare inevitabilmente influenzato dalla tecnica eccentrica e frammentata di Derek Jarman: dice il regista a questo proposito, rispondendo ad una precisa e pertinente domanda del giornalista ed amico Roberto Schinardi, presente in sala tra il pubblico: "un'associazione che mi e' gia' stata fatta notare in altre presentazioni, e che mi inorgoglisce ed imbarazza conderato il genio inarrivabile di Jarman, certamente un mio maestro, il mio dio, ed inevitabilmente mio ispiratore, nei confronti del quale tuttavia non oserei mai anche lontanamente potermici paragonare".  
 

 

 


Visto e ripensato su questi presupposti, come diario e percorso personale, eccessivo ma sincero di una sessualita' acerba in corso di maturazione, come percorso di vita adolescenziale di un bel ragazzo oggetto di pulsioni malsane, ma tuttavia a loro modo formative, dove la chiesa, la trinita' (in questo caso rappresentata da una madre peccatrice, da un figlio vittima designata che prova un piacere sottile nelle umiliazioni ricevute, e da un padre che ritorna per amare troppo tardi ed inopportunamente un figlio trascurato, nel modo piu' carnale ed inaccettabile; ma trino anche a causa della stessa struttura del lavoro e dei tre corti sequenziali che la compongono), LITTLE GAY BOY TRILOGY e' un'opera compiuta seppur disomogenea che vive di sensazioni e accumuli di situazioni, emozioni , visioni (i santoni blu indu' che spiano nel bosco le nefandezze orgiastiche da batuage, sono una reminiscenza che si riferisce alle origini paterne del regista, di matrice indiana) e che ci presentano un protagonista dapprima nelle gesta sconsiderate di una madre sterile inconsapevolmente e miracolosamente condotta lla maternita', e poi direttamente all'eta' adolescenziale, il periodo di formazione del carattere, delle prime pu,sioni erotiche e della maturazione di una sessualita' che si fa strada tra le macerie di un'esistenza degradata tra violenza, prepotenza, e il bieco opportunismo di una chiesa ed una religione sempre pronta a giudicare il prossimo, ma mi disposta a guardarsi dentro, nei meandri perversi del suo inverosimile deviato perbenismo. L'ottimo Manuel Blanc (qualcuno lo ricordera' ventenne talentuoso e premiato a Cannes nel '92 per Niente baci sulla bocca di Techine'), nel ruolo di un padre snaturato ma a suo modo amorevole, Amanda Dawson, madre miracolata dall'angelo strafottente, una nuova Divine dolente e dolorosa, e il giovane biondino Gaetan Vettier, viso d'angelo che suscita le perversioni piu' forti e bestiali, sono il cast appropriato e volenteroso di un film dirompente che non puo', nel bene e nel male, nei suoi eccessi e nella sua colorata, frenetica visionarieta', lasciare indifferenti.
 
 

 

 

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