Regia di Matteo Rovere vedi scheda film
Mario Andretti e Carlo Capone, adrenalina pura e commedia dei sentimenti, tutto perfettamente miscelato in un film che ci riporta ai B-Movie anni '70 con la mano ferma e lo sguardo severo di un ottimo regista degli anni 2000.
Matteo Rovere ha realizzato un film hollywoodiano in terra di Romagna e solo questo può bastare per incoronare Veloce come il Vento come uno delle opere migliori del nuovo Cinema Italiano. Giulia De Martino (Matilda De Angelis) vive per le corse automobilistiche Gran Turismo, il padre-tutor meccanico muore ai box, il ricongiungimento con suo fratello Loris (Stefano Accorsi), ex campione di Rally, riporterà il sorriso sul viso di Nico (Giulio Pugnaghi). il fratello più piccolo dei tre. Sottogenere dell'action road, commedia di sentimenti e densità di temi forti, fanno di Veloce come il Vento un film pieno di contenuti sociali e di adrenalina da circuito, un mix di motori rombanti e cuori deflagrati.
Loris tossicodipendente e lontano dalla famiglia da tempo coglie la seconda possibilità, dapprima inconsciamente via via in un crescendo di pathos (strepitoso Accorsi) che lascia uno spiraglio di speranza nello spettatore, senza virare nel melò, al tempo stesso la "retta" Giulia dalle curve tonde, taglierà i cordoli fedele all'imput di Mario Andretti, "se hai tutto sotto controllo, significa che non stai andando abbastanza veloce". Loris insegnerà a Giulia dominare il caos e al tempo stesso imparerà dalla sorella che non tutto è perduto se non ti lasci soffocare dal passato.Il dialetto dei motori nella terra dei cuori meccanici, tutto odora di benzina e pneumatici stremati, la vita dei protagonisti appesa ad un filo, un campionato del Mondo all'interno della famiglia De Martino, che non ha più tempo per decidere se vincere o lasciare, se rinascere o disgregarsi definitivamente.
Loris e il vero Carlo Capone, campione di Rally negli anni'80 del gruppo B, "quelli" delle corse all'ultimo respiro, delle scommesse clandestine e dei race senza ritorno. E poi c'è Tonino il meccanico (Paolo Graziosi), che raffigura l'epica di quel mondo con le rughe intrise di olio motore, infine Matera, con la sua vitalità immobile nella Storia, fa da sfondo ad una gara dentro fuori che innalza il film a livelli di ripresa analogica mai visti in Italia, che solo il grande Stelvio Massi aveva percorso e Daniele Vicari riprodotto in quella perla che rimane Velocità Massima.
Il regista Matteo Rovere, in pellicola, riesce nell'impresa di realizzare un film realistico sia sul mondo dei motori, affrontando gli archetipi del genere con estrema accuratezza, soffermandosi sui dettagli tecnici, macchine vere con piloti veri che fanno gare vere, sia sui drammi quotidiani della tossicodipendenza, con sequenze di estrema crudezza, il sottobosco dei sentimenti violati tra Loris e Annarella (Roberta Mattei), con una grammatica estetica a tratti innovativa che funziona in ogni sequenza, poca computer grafica e tanta sostanza: le sensazioni per lo spettatore sono altalenanti, se a tratti ci sentiamo catapultati in un B-Movie anni '70, la scena successiva ci riporta alla realtà, con uno sguardo d'Autore sulle dinamiche familiari e sociali del nostro tempo.
Lu Abusivo
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