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Veloce come il vento

Regia di Matteo Rovere vedi scheda film

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La recensione su Veloce come il vento

di alan smithee
5 stelle

"Veloce come il vento" ha il merito di presentarsi come un insolito ed ambizioso progetto italiano che va un pò oltre il minimalismo che caratterizza e a volte affligge la commedia italiana più ricorrente.

Le vicende della famiglia emiliana Di Martino, da tradizioni legata al mondo dei motori e disordinatamente riunita proprio dalla passione che lega tutti i membri al rombo dei motori da corsa, sono raccontate e messe insieme dal volenteroso regista Matteo Rovere (Un gioco da ragazze, Gli sfiorati, questi i suoi lavori precedenti) con il desiderio di raccontarci una storia che sappia appassionarci: anche correndo il rischio di sfracellarsi contro il muro del melodramma o di inciampare nell'abbozzo macchiettistico e un pò troppo colorato di alcuni tra i protagonisti della storia.

La circostanza fornisce poi, almeno sulla carta, la possibilità ad un attore come Stefano Accorsi, un tempo divo incontrastato e re del box office, da molto-troppo tempo eccessivamente confinato in territorio d'oltralpe con progetti magari interessanti e stimolanti, ma ben poco presenti o di richiamo sul territorio nazionale, di rinverdire i fasti "mucciniani" dei primi anni del nuovo millennio.

Tra l'altro l'attore, impegnato con tutto se stesso a rendere plausibile un personaggio simpaticamente eccentrico di eroe del volante caduto nel baratro - apparentemente senza uscita - delle droghe pesanti, sempre perennemente ed incoscientemente stracotto e sfumato, ilare dallo sguardo stralunato che guarda tutto senza vedere nulla, capello rado ed unto, smagrito, sdentato con occhio mezzo tirato, (ma a conti fatti forte di una forma fisica eccellente, che l'attore sembra quasi voglia celare per aderire meglio al personaggio del tossico ormai alal frutta) riesce a fornirci uno dei più validi motivi per cercare di sostenere, e quasi promuovere, un film dalla stesura che scherza scelleratamente col fuoco senza tuttavia bruciarsi irreparabilmente.

Un film che si perde nei cliché melodrammatici di una storia che ha bisogno, nel suo finale, ad accompagnare i titoli di cosa, di mostrare i suoi veri protagonisti, quasi a volersi giustificare di tutte le forzature che si porta dietro spavaldamente e con un certo maldestro coraggio.

Lo stesso Accorsi non rinuncia (come potrebbe!) ad accompagnarsi, nella sua vita di sbandato e nel suo tentativo furente e non certo disinteressatamente deliberato di riscatto come pilota in una gara clandestina in stile Fast & Furious, della 205 un pò coatta, ma sempre irresistibile, appartenente al marchio automobilistico che l'attore promuove da anni, prestando anche solo la propria gradevole o comunque riconoscibile voce agli spot che da anni ci vengono proposti con ogni tattica informativa e mediatica.

E tra guide spericolate e senza patenti in centri cittadini dove non esiste un solo vigile o una pattuglia stradale (mentre nella nostra mesta realtà basta superare senza troppi clamori di 4/5 km la velocità imposta che si viene puntulmente multati e mutilati dei propri preziosi, anzi vitali punti patente), tra minori introversi come da manuale dati in affido e vezzi edulcorati ed un pò fastidiosi di coppie devastate dagli effetti delle dosi assunte, il film procede a scatti evitando come e più che può incidenti mortali o irreparabili, ma perdendo anche molto dell'appeal e della carica che pensavamo potesse far parte di una storia finalmente (anche se solo sulla carta) un pò nuova, trasposta in un contesto ed in una realtà sociale un pò insolita rispetto alle consuete ed un pò piatte scenografie da cartolina che arricchiscono paesaggi e ambientazioni di molta, troppa produzione nostrana.

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