Regia di Matteo Rovere vedi scheda film
Che bello sarebbe un mondo dove ognuno potesse esprimere un'opinione -ancorchè minoritaria e dunque impopolare- senza suscitare fervori e polemiche eccitate. Dico questo perchè questo film (che peraltro mi è piaciuto da morire) ha fatto seguito a due altre visioni italiane che mi hnno lasciato -se non disgustato- parecchio amareggiato. E si trattava di due opere in qualche modo assimilabili a questo "Veloce come il vento", essendo anch'esse modeste produzioni con giovani attori. Mi sto riferendo a "Jeeg Robot" e a "Un bacio": per il primo si son levati gli scudi dei cinefili della serie "non capisci un cazzo di cinema" e per quel che riguarda il "Bacio" si son infervorati i pischelli (per un film che infatti è intellettualmente alla loro altezza). Adesso voglio proprio vedere se le moltitudini di "intenditori" che hanno coperto di elogi il miserello "Jeeg" avranno la dignità di riconoscere altrettanta generosa disponibilità nei confronti di questo quarto lungometraggio del bravo Matteo Rovere. E' un film incredibilmente incisivo, che non può non lasciarti dentro qualcosa. Era da un pezzo che non mi capitava d'imbattermi in un'opera italiana così forte d'impatto, così ben raccontata, così popolata di intimo dolore, così accuratamente recitata e prodotta. Lo so che forse sto esagerando ma per me questo film è già un cult. E quel che mi si è stampato nell'anima è proprio dato dai volti meravigliosi dei fratelli Loris e Giulia De Martino, splendidamente interpretati da uno Stefano Accorsi in stato di grazia (e aggiungerei sorprendentemente, visto che le sue quotazioni erano piuttosto in ribasso) e soprattutto quella che è la rivelazione (acclamata e conclamata del film), la meravigliosa debuttante (al cinema, in tv aveva già fatto qualcosina) Matilda De Angelis (per inciso, ci tengo a dirlo, oltre che ottima attrice è anche la front girl della band "patchanka" dei Rumba De Bodas, dunque artista eclettica, pur giovanissima). Insomma un film che mi ha preso bene e che credo mi resterà a lungo nel cuore. E' una storia vera, pur coi nomi modificati. Siamo a Imola negli anni 80, lo scenario è quello del locale autodromo, dove Giulia è pilota in crescita. Loris era una promessa, un campione "predestinato" poi rovinato dalla discesa nella droga (eroina) che ne aveva condizionato la vita secondo i tristi e sempre uguali destini di ogni tossico: disperazione, fasi di eccitazione poi di nuovo a fondo. I due fratelli erano da anni in rotta, la sopraggiunta morte del padre li fa rimettere in contatto. E dopo una serie di tremende litigate (adeguarsi alla "testa" di un tossico non è mica facile), ecco che accade una cosa bella. Che Giulia è decisa ad affrontare seriamente la carriera di pilota professionista ed ecco che Loris ne diventa l'allenatore e maestro. Il che scatenerà un bellissimo percorso di avvicinamento tra i due ragazzi, che impareranno a volersi bene, e ad unire le loro energie. nello sport come nella vita. Dei due fantastici attori ho già parlato (ma aggiungerò qualcos'altro) ma vorrei sottolineare la magnifica prova di Paolo Graziosi, finalmente restituito al cinema. Lui è un campione assoluto della tradizione teatrale italiana, un autentico veterano, anche degli sceneggiati televisivi di non pochi anni or sono, insomma io considero il suo ruolo nel film come fosse una "partecipazione speciale". Prima che mi dimentichi vorrei segnalare anche la scelta non certo convenzionale della colonna sonora. Ma tornando ai due protagonisti, diciamo che Accorsi (quasi irriconoscibile) ha compiuto sul suo corpo e sulle sue movenze un lavoro d'attore enorme, davvero appassionatamente "fisico". E quanto a Matilda non vorrei esser frainteso ma (cinemafograficamente parlando) credo di essermene un po' innamorato. Qualcuno -a proposito della chiave d' interpretazione di Accorsi ha evocato Christian Bale: ci sta, ci sta eccome. Ma poi in questo film tutto affascina. A partire dall' ambientazione romagnola. E dal carattere della gente di Romagna. E' tutto uno spirito, che forse noi emiliani riusciamo a cogliere più di altri.
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