Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Primi passi nel ménage familiare di un avvocato e di una ragazza svampita, sposatisi poche settimane dopo essersi conosciuti: il banco di prova decisivo dovrebbe essere il pranzo a cui sono state invitate la madre e la sorella zitella di lui, durante il quale però va tutto storto. Un lui serioso (ma non troppo) e una lei pazzerella: era la formula vincente di Nata di marzo di Pietrangeli, di cui questa è una versione pop, colorata e surreale, popolata dall’allegra vitalità dei personaggi femminili (non solo la moglie, ma anche la cameriera con cui rievoca il proprio passato in due divertenti flashback) e con richiami alle gag del cinema muto. La Vitti ha un ruolo forse più adatto alla Melato (che infatti pochi anni dopo avrà un personaggio simile in Caro Michele, sempre tratto dalla Ginzburg), ma se la cava niente male. Un film magari di non eccelsa qualità artistica, ma che dice molto sulla sua epoca, contrapponendo la voglia di vivere di fine anni ’60 alle forme incartapecorite della generazione precedente, incapace di aprirsi alle novità e meravigliosamente incarnata da Italia Marchesini. Gli do 4 stelle per lo stesso motivo per cui Albertazzi si è sposato: per allegria.
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