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Ti amerò... fino ad ammazzarti

Regia di Lawrence Kasdan vedi scheda film

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La recensione su Ti amerò... fino ad ammazzarti

di degoffro
8 stelle

Quinto film di Lawrence Kasdan e primo a non essere sceneggiato personalmente dallo stesso regista (lo script porta la firma di John Kostmayer ed è incredibilmente ispirato ad una storia realmente accaduta, come viene peraltro sottolineato ad inizio film). Con il quasi contemporaneo "La guerra dei Roses" di Danny De Vito è una delle commedie nere più irriverenti, sarcastiche e cattive mai prodotte a Hollywood. Massacrato da gran parte della critica tanto oltre oceano quanto in Europa (è normale con il genere grottesco: o si entra in sintonia con il film e si sta al gioco divertiti ed entusiasti o lo si rifiuta a priori, bollandolo come stupido ed esagerato), "Ti amerò fino ad ammazzarti" non solo è un film che strappa fragorose e sane risate, ma sa anche essere un'acuta e spassosa indagine, impostata su toni grotteschi, surreali, quasi cartooneschi, ma con un sottofondo assai realistico e credibile (chi si offende è perché, in fondo, riconosce qualcosa di sé nei vari personaggi) dunque amaro, su un certo modo di essere, comportarsi e vivere. Curioso come il regista passi con scioltezza dalle atmosfere intime, rarefatte, quasi sospese di "Turista per caso" a quelle consapevolmente caciarone, sopra le righe ed esilaranti di questo film, rivelando un eclettismo sorprendente (per il regista è il primo e fino ad ora unico vero film comico). Kasdan gioca con brio, spigliatezza, esuberanza, intelligenza e sfacciataggine con i più abusati luoghi comuni italo americani del caso quali pizza, gelosia, passionalità, gallismo, religione (incredibile la confessione con cui si apre il film), amore per la famiglia, mammismo (Joey spesso paragona la moglie alla mamma, in un confronto dal quale la povera Rosalia esce sempre sconfitta), sfruttando volutamente delle macchiette, che a livello di racconto oltre ad essere irresistibili (su tutti la madre di Joey, interpretata dalla strepitosa Miriam Margoyles, ritratto perfetto della mamma sicula - la scena all'ospedale in cui la donna schiaffeggia ripetutamente il figlio perché ha cornificato la moglie, è da annali della comicità) sono assai funzionali al suo obiettivo di mettere in ridicolo e sbeffeggiare una realtà non solo italo americana, ma universale (si pensi, per esempio, alla presenza ingombrante della suocera in casa, o alla decisione di risolvere il problema Joey, semplicemente facendolo fuori). Ritmo assai sostenuto, battute come se piovesse ("In America gli uomini uccidono a destra e a sinistra come passatempo nazionale, nessuno scoperto" ironizza la suocera di Joey, in un'affermazione che pare un'anticipazione del documentario di Michael Moore "Bowling a Columbine"), gag a ripetizione ma mai ripetitive (quando entrano in scena i due killer il film mette la quinta) cast in forma smagliante. E se Kevin Kline gigioneggia in maniera sublime e mai fastidiosa od irritante, immagine spassosa, facilmente classificabile come squallido stereotipo, ma in realtà pungente e assai azzeccata, di un dongiovanni superficiale, impenitente, vanesio ed incorreggibile, fiero della propria virilità ("Se sei tanto cattolico, perché fai l'adulterio?, gli domanda una sua occasionale conquista "Sono un uomo: non sai quanti ormoni ho addosso" è la sua inequivocabile risposta), delle proprie origini italiane ("L'America è stata scoperta da un italiano e ha preso il nome di un altro: l'America è un paese italiano") e del proprio matrimonio ("Matrimonio bellissimo: io compro la roba e lei la cucina"), Tracey Ullman, scelta senza dubbi dal regista e talento comico davvero poco utilizzato dal cinema americano (valorizzata solo da Woody Allen in "Criminali da strapazzo"), è timida, sottomessa, paziente, credulona, ma poi capace di architettare quietamente un incredibile delitto; la vedova di Laurence Oliver, Joan Plowright, è velenosa, spietata, irriducibile, sfacciata, da premio: ogni sua battuta va a segno, incredibile quando cerca "il disco giusto per un ritmo allegro" mentre i due killer al piano di sopra stanno per sparare a Joey o quando, durante le foto segnaletiche, sfoggia un sorriso smagliante e soddisfatto, o, nel finale, quando dopo essersi presa per sè la scatola di cioccolatini che Joey, fuori dalla prigione, aveva portato per la moglie, di fronte ad un dubbioso Divo che si domanda se Joey sarà davvero fedele a Rosalie, replica flemmatica e al solito sarcastica: "Adesso tutto possibile, se Joey dato a me cioccolato. Se no, noi sparo ancora!"; timido affettuoso, gentile, premuroso, dolce e amorevole River Phoenix; semplicemente formidabili i due killer sbalestrati e ultra fatti di William Hurt e Keanu Reeves: a loro si devono i momenti più autenticamente comici e balordi del film, a partire dalla loro entrata in scena, al bar sul tavolo da biliardo, passando per il loro arrivo in taxi sul luogo del delitto (giusto per passare inosservati) con tanto di notevoli difficoltà per trovare i soldi necessari per pagare il tassista, alla presentazione, da parte di Divo, ad un'esterrefatta Rosalie e una fiduciosa Nadia che con tranquillità afferma: "Non pensa di loro come di drogati, pensa di loro come di assassini!". E che dire delle domande che rivolgono al quasi morto Joey del tipo "Sei pronto?", chiedendosi anche se gli devono leggere i suoi diritti, per poi perdersi di fronte alla mazza da baseball di un glorioso giocatore di cui invocano il nome. Piccole partecipazioni infine per una giovanissima Heater Graham e per Phoebe Cates, moglie di Kevin Kline nella vita, nei panni di due spasimanti di Joey. Un titolo facilmente liquidabile come una farsa volgare e grossolana: in realtà nessun film successivo dei tanto acclamati fratelli Farrelly di "Tutti pazzi per Mary" e "Io, me & Irene" è così scorretto, cattivo e sagace. Curiosità: nella realtà i veri protagonisti della storia che ha ispirato il film, i coniugi Tony e Frances Toto, hanno avuto quattro figli, due dei quali hanno partecipato attivamente ai tentativi di omicidio del padre (solo il personaggio della suocera è immaginario), ed inoltre la signora Toto ha trascorso quattro anni in prigione, a differenza di Rosalia. I due oggi vivono felici e contenti come una coppia innamorata che si è perdonata vicendevolmente le proprie malefatte, ma il marito Tony, all'anteprima del film, ha confessato che ogni volta che la moglie gli prepara un piatto di spaghetti al sugo, li fa assaggiare prima a lei, giusto per andare sul sicuro. Come dargli torto!!!
Voto: 8

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