Regia di Giulio Ricciarelli vedi scheda film
Ma il vero punto di forza del film è, ovviamente, il tema, che ne rende più che opportuna la visione, specialmente in questi tempi in cui sembra che tutto debba succedere di nuovo. Perché, come dice un personaggio del film: "Per vedere era sufficiente aprire gli occhi. Ma non abbiamo voluto farlo". Mixando pregi e difetti, voto: 7-.
"Il labirinto del silenzio" è un'inedita riflessione sulla vergogna dell'Olocausto, vista con la prospettiva del "dopo", in Germania, negli anni '50. Come film non ha nulla di eccezionale (e forse il regista non ne aveva neppure l'ambizione). La sceneggiatura è convenzionale, piuttosto prevedibile in molti punti, ad esempio quando le ricorrenti crisi tra i personaggi si risolvono sempre "per il bene". I dialoghi sono forse la componente meno riuscita, "da fiction", come ha osservato giustamente Ezio, nei suoi commenti. Più toccanti le sequenze mute, accompagnate e illustrate solo dalla musica. Apprezzabile anche la scelta di non mostrare morbosamente "il male", il che rende il film adatto anche ai minori.
Ma il vero punto di forza del film è, ovviamente, il tema, che ne rende più che opportuna la visione, specialmente in questi tempi in cui sembra che tutto debba succedere di nuovo (e in parte già accade), con buona pace di chi si ostina a negare certi parallelismi. Perché, come dice un personaggio del film: "Per vedere era sufficiente aprire gli occhi. Ma non abbiamo voluto farlo".
Mixando pregi e difetti, voto: 7-.
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