Regia di John Huston vedi scheda film
Bogart è seduto nel suo ufficio di detective, arriva una donna a incaricarlo di trovarle la sorella (ma si capisce subito che le cose non stanno così), poi comincia una scia di cadaveri e ci si trova in mezzo alla solita vicenda complicata. Insomma siamo in piena atmosfera chandleriana, anche se il film è tratto da un romanzo di Dashiell Hammett e anche se il protagonista non si chiama Marlowe ma Sam Spade. Ma è soprattutto il rigore morale della conclusione che evidenzia la parentela fra i due personaggi: il suo socio è stato ucciso e Spade deve consegnare il colpevole alla giustizia a ogni costo, non importa l’opinione che aveva di lui, non importa chi abbia fatto cosa; è ciò che alla fine Spade prova a spiegare a chi non può capire, perché non ha nessuna morale ed è arrivato addirittura a uccidere per denaro. Il denaro, appunto: come poi ne Il tesoro della Sierra Madre, la ricerca della ricchezza si rivela un frustrante balletto col destino, al termine del quale si resta con in mano un pugno di mosche, una finta statuetta “della stessa materia di cui sono fatti i sogni”, proclama l’ultima battuta. Huston al suo esordio mostra una maturità notevole; per Bogart, semplicemente, non ci sono parole; impareggiabili Lorre e Greenstreet (esordiente a 62 anni!), in un altro contesto avrebbero formato una coppia comica e invece sono inopinatamente diventati icone del noir; un po’ sopra le righe la Astor, che finisce per essere prevedibile con le sue bugie troppo smaccate.
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