Regia di John Huston vedi scheda film
Considerato pressoché all'unanimità da critici e storici cinematografici come uno dei pilastri fondativi del moderno noir metropolitano, Il mistero del falco (1941) di John Huston è in realtà il terzo adattamento del fortunato romanzo scritto da Dashiell Hammett, ed è preceduto dai (molto) meno fortunati Il Falcone Maltese (1931) di Roy Del Ruth e da Satan Met a Lady (1936) di William Dieterle, con protagonista una giovanissima Bette Davis.
In realtà il film non aveva nessuna intenzione di riscrivere il genere e, anzi, si rifaceva ai modelli di polizieschi già in uso nella Hollywood degli anni 40 e deve molto piuttosto alla struttura del romanzo da cui è tratto.
Dashiell Hammett, scrittore maledetto della prima metà del secolo caduto poi in disgrazia dopo la Guerra per alcolismo e per la sua appartenenza al Partito comunista, è (involontario?) co-fondatore con Raymond Chandler di un nuovo immaginario narrativo in cui il giallo, più che delle indagini da svolgere, si alimentava delle passioni e delle debolezze dei suoi protagonisti che trasformavano spesso il racconto in un melodramma mascherato da poliziesco.
Con Il Falcone Maltese, scritto nel 1930, Hammett realizzò uno strano incrocio tra una favola (nera) e un thriller, con un antico cimelio del sedicesimo secolo al centro di uno sporco giro di faccendieri, gangster e ladri improvvisati disposti però anche ad uccidere pur di metterci sopra le mani.
Il geniale McGuffin della statuetta d’ora diventa quindi il pretesto per rivelare i lati più oscuri dei vari protagonisti, con il regista che sfrutta i luoghi chiusi, le prospettive ardite per trasmettere claustrofobia e oppressione e scene costruite su velocissimi scambi di battute tra l’ironico e il sarcastico, l’atmosfera generale che pervade la pellicola è di solitudine e ambizione per una lucida coscienza del male.
“È pesante, Di cosa è fatto?”
“Della materia di cui sono fatti i sogni”
John Huston, originario del Missouri, aveva appena 35 anni ed era già uno dei migliori sceneggiatori della Warner, avendo lavorato a Figlia Del Vento di William Wyler, Il conquistatore del Messico di William Dieterle e Una pallottola per Roy di Raoul Walsh (dove aveva avuto modo di conoscere il protagonista Humphrey Bogart), quando si presentò dai maggiorenti della Warner per proporre la sceneggiatura di un nuovo adattamento (il terzo) del romanzo di Hammett e la richiesta di dirigerlo personalmente.
Hoston era indicato come delle penne emergenti di Hollywood ed aveva già ottenuto una candidatura agli Oscar per lo script di Un uomo contro la morte, biopic sul Dott. Paul Ehrlich, medico che per primo scoprì un medicinale che poteva essere usato per combattere le malattie batteriche come la sifilide, e possedeva una solida preparazione letteraria, un talento naturale per la scrittura per immagini e una capacità straordinaria di variare registro, ambientazione e genere.
Ma non aveva mai diretto un film.
La Warner accettò comunque di buon grado la scommessa ma il film fu finanziato con un budget limitatissimo, da film di serie B, affidandosi al giovane regista al suo primo lungometraggio per arrangiarsi come poteva.
Huston fece quindi di necessità virtù, girando tutto in interni e mostrando quasi niente della San Francisco di Hammet e, ispirandosi all’espressionismo tedesco, adotta visuali estreme, scatti asimmetrici con inquadrature dal basso e sagome tagliate dalle ombre, con un gioco di luci capace di accentuare la dicotomia luce-ombra/bene-male ad opera del direttore della fotografia Arthur Edeson.
Huston si avvalse inoltre dell’eccellente lavoro dello scenografo Robert Haas, a metà tra l'espressionismo tedesco e i gangster movie degli anni 30, e del costumista Orry Kelly.
Probabilmente senza nemmeno rendersene conto, Huston rilesse i codici della crime story in voga all’epoca ponendo le basi per il noir come lo conosciamo oggi.
Ma non è la vicenda in sé ad essere rivoluzionaria quanto piuttosto le scelte di sceneggiature e di regia, con Huston che ricama da par suo i delicati equilibri fra i protagonisti e i clamorosi colpi di scena che spiazzano lo spettatore, e dal quale emerge costantemente l’oscurità di ognuno, per un dilemma morale che coinvolge non solo il protagonista ma tutti coloro che ruotano attorno al famigerato falcone.
P.s. Per la cronaca: alla fine si rivelerà essere un falso!
Protagonista della pellicola il semisconosciuto Humphrey Bogart, allora già 42enne e interprete di diverse pellicola ma ancora molto lontano dallo status di Divo con cui sarebbe stato riconosciuto nei decenni successivi.
Professionista esemplare, Bogart non era ancora riuscito a trovare il "ruolo della vita", quel personaggio capace di far esplodere le sue potenzialità fatte di immedesimazioni minimaliste e di sottrazioni, e a far breccia così nel cuore del pubblico.
L’occasione della vita gliela offrì John Huston, divenuto suo grandissimo amico ai tempi di Una pallottola per Roy, proprio con Il mistero del falco.
Quella formata dal regista-sceneggiatore e dall’attore, Huston fisico imponente e Bogart alto poco più di un metro e sessanta, era una strana coppia accumunata però, innanzitutto, dalla passione per il bere che li portava a condividere intere nottate insieme a discutere di cinema (e donne), poi dal mare, posto dell’anima per entrambi, e dall’abnegazione per il proprio lavoro.
Il successo della pellicola è però anche merito di un cast azzeccatissimo che comprende Mary Astor, Peter Lorre, Sydney Greenstreet, Lee Patrick, Elisha Cook, Barton MacLane, Jerome Cowan e Ward Bond.
VOTO: 7,5
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