Regia di Paul Rachman vedi scheda film
Fra la fine degli anni '70 e i primissimi '80 in California comincia a diffondersi uno stile musicale grezzo, duro, dai contenuti fortemente critici della società e delle convenzioni: sono i primi vagiti del punk rock, che contemporaneamente prende piede anche sulla east coast. In questo documentario i protagonisti della scena ripercorrono le convulse vicende di quegli anni.
American hardcore è una sorta di bibbia cinematografica per quanto riguarda il punk rock / hardcore: le ragioni sono semplici, ma notevoli. Innanzitutto il film si basa sull'omonimo libro di Steven Blush, che qui si occupa anche della sceneggiatura, riconosciuto esperto della materia trattata; è fuori di dubbio anche la competenza del regista, Paul Rachman, già autore di clip per Pantera, Alice in chains e molti altri; ma soprattutto colpisce la lunga lista di personaggi intervistati, che compaiono davanti alla macchina da presa in prima persona per raccontare - ciascuno a modo suo - la loro storia. Componenti degli Adolescents, dei Black Flag o dei Minor Threat, dei Bad Brains, dei Bad Religion, dei Millions of Dead Cops, fra i quali non mancano i 'divi' della scena Henry Rollins e Ian McKaye, ma anche Flea (Red Hot Chili Peppers), Mark Arm (Mudhoney) e Moby sono chiamati a dire la loro. Il quadro che ne esce è folgorante: un'America in depressione (la attenderanno otto anni di Reagan, non per caso) vede una generazione ribellarsi per mezzo di musiche, testi e soprattutto atteggiamenti lontani anni luce dalla show business e dal mercato; è una vera rivoluzione e questo documentario, cento minuti di durata che risultano comunque troppo brevi, ne testimonia fedelmente la portata e l'impatto, anche grazie a un ampio e serio lavoro di reperimento di filmati d'archivio. Per chiunque non fosse interessato all'aspetto meramente musicale del film, rimane comunque interessante lo spaccato sociopolitico dell'epoca che emerge da American hardcore. 6/10.
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