Regia di David Lynch vedi scheda film
Secondo film di Lynch, e uno dei più acclamati dalla critica, ispirato alla storia vera dell'"Uomo Elefante" Joseph Merrick (nel film il personaggio viene erroneamente chiamato John). Opera di taglio narrativo classico, molto più lineare dei film successivi di Lynch e in buona parte priva degli elementi surreali che caratterizzeranno il suo stile e la sua poetica, trova le sue qualità più convincenti nell'appassionata adesione alla vicenda narrata e nell'onestà del suo richiamo al rispetto per qualsiasi "diversità". Il fascino che il film sprigiona in diverse sequenze è dovuto soprattutto all'eccellente rievocazione della Londra vittoriana di fine Ottocento, all'atmosfera finemente evocativa ricreata dalla bellissima fotografia in bianco e nero di Freddie Francis, al vigoroso apporto del cast in cui primeggiano il protagonista John Hurt (molto bravo nel recitare essenzialmente con gli occhi e con la voce, dato che il suo viso è seppellito sotto un laborioso make-up) e un giovane ma già memorabile Anthony Hopkins nel ruolo del dottor Frederick Treves, che divenne il benefattore dell’Uomo Elefante. Devo ammettere di aver avuto per un certo periodo di tempo alcune riserve sugli elementi fittizi della trama, e in particolare sul personaggio negativo dell’imbonitore Bytes che umilia e brutalizza Merrick, quando in realtà il vero proprietario delle attrazioni circensi, Tom Norman, fece guadagnare parecchi soldi a Merrick, lo trattò sempre con rispetto e fu considerato un amico da parte sua. Tuttavia, questa versione “corrotta” del personaggio fu data dallo stesso Treves nel suo memoriale “The Elephant Man and other reminiscences” su cui è basata la sceneggiatura, quindi Lynch si è limitato a riprodurre elementi romanzati che lo stesso Treves aveva fornito nella sua opera, e che contribuiscono ad un’atmosfera melodrammatica da romanzo Dickensiano che, in ultima analisi, non compromette l’efficacia dell’approccio al personaggio, il pathos della vicenda e l’intensità di molte sequenze. Unica riserva che invece confermo, la scena dell’”orgia” in cui dei malfattori si recano a vedere il mostro e lo coinvolgono in una specie di crudele festino, è un po’ troppo effettistica e gratuita, anche se inserita per l’evidente scopo di rafforzare la denuncia dell’inutile crudeltà umana di fronte agli esseri più deboli e indifesi. Nel complesso, comunque, un film assai denso di valori formali e sostanziali che merita di essere incluso fra le opere migliori di David Lynch.
Voto 9/10
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