Regia di David Lynch vedi scheda film
Forse il film più toccante della storia, che utilizza la macchina da presa per consacrare la visione come primaria modalità di definizione dell'esistere. Il protagonista è, in ogni fase della sua vita, quello che gli altri in lui vedono: un raffinato gentleman o un terrificante fenomeno da baraccone. E non è nemmeno consapevole della sua stessa umanità fintanto che non la riconosce negli occhi altrui. Per contro, il senso della diversità è solo l'effetto dell'iniziale impatto visivo, assimilabile al passeggero straniamento prodotto dalla novità, che sfuma con l'abitudine e si dilegua con la conoscenza. Lo dimostra cinematograficamente il fatto che la mostruosità del protagonista sembra attenuarsi, fino quasi a svanire, nel corso del film, tanto che l'"uomo elefante" presto scompare, per cedere il posto a John Merrick. La sostanza in carne ed ossa si sostituisce all'immagine superficiale, perché guardare oltre significa guardare per intero, secondo l'esempio dello stesso John, che costruisce il modello completo di una chiesa di cui vede sporgere, in lontananza, soltanto la sommità del campanile.
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