Espandi menu
cerca
The Dead. Gente di Dublino

Regia di John Huston vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Antisistema

Antisistema

Iscritto dal 22 dicembre 2017 Vai al suo profilo
  • Seguaci 55
  • Post -
  • Recensioni 646
  • Playlist 3
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su The Dead. Gente di Dublino

di Antisistema
10 stelle

John Huston non sarà forse il più grande regista della storia del cinema, ma ha sempre affrontato la settima arte con spirito battagliero e grandi intuizioni, le quali hanno fatto si che il suddetto cineasta sia l'unico a poter vantare un'esordio capolavorico come Il Mistero del Falco (1941), riuscendo a chiudere la carriera con un ulteriore vetta filmica, The Dead - Gente di Dublino (1987). Terzo capitolo della trilogia della morte con cui chiude la carriera, l'opera è tratta da un racconto di Joyce "I Morti", contenuto nella raccolta Gente di Dublino, che pur possedendola come tutti le opere dello scrittore, anche questa non ho avuto occasione di leggerla, ma in tutta onestà non credo serva per poter comprendere una pellicola che dopo oltre 30 anni, possiamo relegarla tra i capolavori della storia del cinema.

Huston ha 81 anni, è malato, forse sente che il momentaneo del trapasso è vicino, chiama con sé quindi i figli, Tony Huston alla sceneggiatura e Anjelica Huston come attrice nel ruolo indimenticabile di Gretta Conroy, circondata da un gruppo di attori teatrali e di cinema irlandesi, per mettere in scena questo epitaffio malinconico ambientato nella notte dell'Epifania a Dublino nel 1904, in casa delle sorelle Kate e Julie Morkan, con tutti i loro ospiti della classe borghese a cominciare dalla loro figlia Mary Jane, insegnante di musica, le sue tre allieve, l'attivista politica Molly Ivors, l'anziano non credente Brown, l'alcolista Freddie con sua madre Malins, il tenore D'Arcy, fino al nipote delle due proprietarie della casa, Gabriel con sua moglie Gretta. La festa dell'Epifania con la cena, è un rito uguale a sé stesso ogni anno, non si vede perché la cosa dovrebbe cambiare fino a quando nell'attesa alcuni ospiti si esibiscono in siparietti artistici; Mary Jane suona il piano inquadrata dietro un candelabro con tre fiammelle, Il signor Grace declama dei versi su un lamento per un amore perduto ed infine zia Julia canta un brano mentre la macchina da presa di Huston passa tramite dei delicati tocchi di montaggio, ad inquadrare oggetti e fotografie, presumibilmente ricordi appartenenti alla donna introducendo in tal modo il tema che insieme all'amore e alla morte funge da architrave del film. Il ricordo è l'elemento dinamico che rompe la stasi presente tra i convitati alla cena, facendo energere costatazioni su cose che potevano essere e non sono state e cose che in tutta probabilità non avverranno mai, come l'amara consapevolezza della signora Malins di non vedere mai suo figlio Freddie sposato, accentuando la caducità esistenziale interna alla riflessione finale del film.

 

scena

The Dead. Gente di Dublino (1987): scena

 

Il limpido freddo con i suoi fiocchi di neve, è contrapposto al calore degli interni ricostruito perfettamente nella sua atmosfera dalla fotografia di Fred Murphy, che mira a cristallizzare gli ospiti in un frammento di eternità sottratto temporaneamente allo scorrere del tempo, quest'ultimo comunque nuovamente messo in mezzo nel discorso di Gabriel che come un rito si tiene ogni anno, eppure le sue parole sembrano avere un peso maggiore quando lodano l'ospitalità irlandese incarnata dalle "tre grazie" mentre un carrello del regista inquadra i volti dei presenti, legandosi in tal modi ai discorsi precedenti dei convitati a tavola sulla qualità dei cantati di opera odierni a confronto con quelli di ieri, un ricordo passato grandioso ed un presente mediocre, come lo è la condizione Irlandese di inizio 900', oramai ridotta al rango provinciale in Europa, quando le mete artistiche sono Londra, Parigi, Berlino e Milano. La monotonia cromatica viene spezzata al momento del congedo degli ospiti, in attesa della carrozza chiamata da Gabriel, sua moglie Gretta sulle scale con dietro di lei una finestra variopinta di colori, protesa nel volto verso l'alto ad ascoltare il canto di D'Arby "Ragazza di Ocram", scatenando nella donna ricordi che credeva aver sopito o quantomeno superato, mentre Gabriel dal pianerottolo la osserva in modo pensoso per tutta la durata di circa un minuto, è un flusso che riprende a scorrere rompendo totalmente i suoi argini nella camera d'albergo dei coniugi, con la confessione di Gretta su un intenso amore passato, recitato perfettamente da un'Anjelica Huston al suo meglio nell'arte del dialogo ed in costante palpito nervoso prima di farsi sopraffare dall'emozione. Poche volte nel cinema la parola ha raggiunto un livello di così profondo di riflessioni, il cui suono soave si fonde perfettamente ai fiocchi di neve sferzati dal vento, dando un perfetto ritratto di ciò che siamo; ombre, vivi o morti la nostra esistenza è transitoria, il conflitto individuale tra i coniugi Conroy, diventa punto di indagine sulla caducità' del vissuto umano e di come noi ed il nostro pianeta, siamo destinati ad essere seppelliti sotto una coltre di neve che cancella ogni traccia e ricordo; non c'è modo di fermare questa legge universale e la gelosia di Gabriel verso la moglie, non deriva dell'impossibilità di competere con l'uomo di cui era innamorata, ma dalla constatazione che egli non ha mai vissuto un sentimento di così potente intensità come la donna, nei fatti unico concreto rimedio attuabile per non avere troppi rimpianti al momento finale, poiche' la vita deve essere vissuta nei setimenti, con l'ardore di una fiamma che consuma un candelabro.

Testamento migliore non poteva esservi per John Huston, che morirà il giorno prima della presentazione dell'opera a Venezia e senza dubbio fu colui che tra i pochi registi del periodo classico, ottenne i risultati migliori anche durante la New Hollywood e dopo la fine di essa, regalando ad uno sgangherato e mediocre cinema americano degli anni 80', un vero capolavoro assoluto. Indubbiamente The Dead - Gente di Dublino (1987) è un capolavoro assoluto, anche se poco ricordato e citato, forse perché del decennio a cui appartiene ci si ricorda di altra roba, come la spazzatura con Stallone, Norris, Schwarzenegger e altre amenità varie di tipo blockbuster, ma non delle vere opere d'arte come queste, che ci regalano intense riflessioni esistenziali ed umane, come solo il vero cinema riesce a fare.

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati