Regia di Silvio Muccino vedi scheda film
Il cinema di Silvio Muccino ha una caratteristica ben precisa, e cioè quello di essere concepito con quella Bigger Than Life con cui normalmente negli States si identifica ciò che è fuori dall'ordinario. Certo la materia amorosa di cui parla Muccino è di per se foriera di grandi slanci , ma il regista romano la racconta utlizzando delle iperboli che risultano controproducenti se raffrontate alla normalità della scrittura che poi la mette in scena. "Le leggi del desiderio" conferma questo trend, imbastendo una storia che parte a mille, con il protagonista, Giovanni Canton (Muccino), che alla maniera del Tom Cruise di "Magnolia" guarda dritto negli occhi dello spettatore proponendogli la posizione della felicità, e alla fine dei giochi si rivela un tapino come gli altri, irretito dagli stesse complicazioni - amorose, sentimentali e motivazionali - da cui prometteva di renderci immuni. Una parabola sintomatica, quella raccontata dal regista e da Carla Vangelista, di un cinema che non riesce mai ad essere all'altezza delle proprie premesse. In questo caso infatti la figura del life coach introdotta attraverso il personaggio di Canton e le tecniche da lui adottate, invece di creare un alternativa alla routine narrativa in cui si muove buona parte del cinema italiano d'intrattenimento, si rivela un semplice espediente per ripiombare nei soliti malesseri ombelicali di un'umanità che non riesce ad andare oltre necessità da spot pubblicitario. A poco valgono la cura della confezione, la precisione del dettaglio scenico, i movimenti di macchina ad ampio respiro e, perchè no, la bravura degli attori, e soprattutto di una Nicole Grimaudo in versione Bridget Jones. A rimanere in mente è la sensazione di insicurezza e confusione che i modi smargiassi e sicuri di Giovanni Canton, nella loro enfatica esibizione certificano a pieno titolo.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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