Regia di Grégory Levasseur vedi scheda film
Una squadra di archeologi americani scopre l’esistenza di un’antica piramide sepolta sotto il deserto egiziano. Decisi ad analizzarla, quattro di loro rimangono intrappolati in profondità, rendendosi conto di essere prede di una creatura misteriosa. Tre righe di sinossi per uno degli horror, ovviamente in soggettiva, più avaro di spunti di riflessione degli ultimi tempi. «Siamo intrappolati qui dentro come il cibo in una ciotola» chiosa dopo i primi assalti dei gattini cannibali (ebbene sì, ci sono i gatti cannibali che sopravvivono da millenni mangiandosi tra loro) il cameraman inusitatamente logorroico di La piramide. E sin dall’incipit, la sua si fa metafora della condizione dello spettatore, incastrato in una visione senza guizzi, momenti cult (o anche scult) da terza serata su Italia 1. Un horror di tante parole, con spiegoni archeologici (perfino sulla massoneria), spaventi facili e un mostro ben congegnato ispirato ad Anubi: il mezzo uomo mezzo sciacallo, figura centrale della religione egizia. Il film di Grégory Levasseur - ma dovrebbe essere la produzione di Alexandre Aja, di cui è usualmente sceneggiatore, il grande hype del prodotto - è tutto all’insegna della medietà: dagli interpreti, allo sviluppo che ricalca The Descent - Discesa nelle tenebre senza eguagliarne mai le vette, alla scelta del finto found footage, fatta per pura consuetudine, giustificata solo dalle riprese a scopo scientifico e mai realmente coerente ai punti di vista dei personaggi.
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