Regia di David Leitch, Chad Stahelski vedi scheda film
«We're killing strangers, We're killing strangers (we got guns!)» canta solenne Marilyn Manson mentre sullo schermo scorrono e si susseguono - come colpi di una pistola automatica - sangue e morti. Le mansoniane verità, parte della cupa, ossessiva, metallica soundtrack techno-industrial-rock firmata Tyler Bates (che firma pure le musiche di The Pale Emperor, ultimo fantastico album del Reverendo da cui è tratta, appunto, la Killing Strangers di cui sopra), in effetti ben si adattano alle atmosfere, alla crudezza, alla semplicità di John Wick.
Film e personaggio, monodimensionali, ammantati di oscurità, rozzi, ruvidi come pietra cosparsa di vetri rotti. Appartenenti, fieramente (e finalmente!) a un'altra epoca.
L'intro (necessaria, ed in fondo sbrigativa, concessione) è una dolente marcia funebre, un tenebroso incedere costellato di perdite. Wick, già abilissimo sicario, dapprima perde l'amata moglie per la quale aveva abbandonato la nobile attività (colpa: beffardo fato), dopo gli rubano la potente Mustang e gli accoppano il tenerissimo cagnolino (peraltro ultimo dono dell'amata). No, non si fa.
Per (nostra) fortuna il mentecatto di turno, nonché figlio dell'ex datore di lavoro del fu killer, l'ha fatto. Che poi questi abbia le sembianze (e gli occhi perfidi e parimenti istupiditi) del Theon Greyjoy di Game of Thrones, è solo (forse) un piccolo, curioso dettaglio.
Comunque, il suo non richiesto intervento permette l'inizio delle danze. E sono dolori. John Wick («è quello che chiami quando vuoi far fuori l'uomo nero» ... paura, eh?!), che ha le sembianze e la maschera imperturbabile del cinquantenne (??!!!) Keanu Reeves, ex eletto in seguito reietto, non la prende proprio benissimo. Ammazza a destra e sinistra e sopra e sotto, in un brutale turbinio di eleganti combattimenti "analogici" (evviva!) ben orchestrati (e con uno stile originale e sempre coerente): sì, la missione s'ha da compiere.
La compie senz'altro il film, un solido viscerale revenge movie senza nessuna "alta" pretesa (sempre Manson, «This world doesn't need no opera / We're here for the operation / We don't need a bigger knife / (Cause we got guns)»), ma dalle evidenti nobili ispirazioni (dai polar agli action made in Hong Kong). Di quelli che ogni tanto capitano, ma sempre più raramente. Tosto e concentrato, violento, fino alla meta, avrà pure melodia, ritornello e testi per nulla innovativi, eppure ha un ritmo esaltante e uno spirito anthemico che fa bene (pure ai cinefili più snob).
Semplici, basilari quanto efficaci gli strumenti: ottimi stunt, regia calibrata e dinamica (autori Chad Stahelski e David Leitch), facce (truci) azzeccate (John Leguizamo, Ian McShane, Alfie Allen, Willem Dafoe, persino il solitamente anonimo e moscio Michael Nyqvist), spunti interessanti non privi d'ironia (il team di ripulitori, la variegata fauna criminale, il mondo a parte di un hotel per specialisti di cui è assai consigliabile non violare le ferree regole), plumbee tonalità notturne-gotiche, crescendo "musicale" inesorabile.
Insomma, un volgare action con le palle.
We're killing strangers,
so we (we got guns!) don't kill the ones that we
Love, love, love, love
Love, love, love ...
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