Regia di David Leitch, Chad Stahelski vedi scheda film
Keanu Reeves ha un ottimo ed invidiabile rapporto col tempo che passa: cinquanta primavere scoccate quest'anno ed eccolo tornare alla ribalta col nuovo action movie con cui il protagonista di Matrix (ma anche di molto altro meglio, a dirla tutta) tenta il rilancio dopo il flop artistico e commerciale del fiacco e ridondante 47 Ronin.
John Wick ha una trama che leggerete qui sopra, un resoconto che ha il buon gusto di non svelare tutti i retroscena kich e sopra le righe che una storia di una implacabile vendetta si trascina dietro: una vicenda che sarebbe piaciuta moltssimo a Stallone, re dei cacirri e e dei catenazzi, che col suo tremendo ma insieme adorabilmente demente Cobra ha osato l'inverosimile a fine anno Ottanta, sfidando tutte le regole del buon gusto.
Qui non andiamo molto lontano: l'eroe inconsolabile ha perso la bellissima moglie, che tuttavia prima di morire è così brillante da organizzare che gli recapitino una cagnetta adorabile in modo che l'inconsolabile possa trovare pace e una creatura che gli ricordi l'amata (immortale?).
Scene di affiatamento e simpatia reciproca da spot della carta igienica, fino a quando la sfiga non gli mette di fronte il malvagio figlio viziato di un ricco boss russo. Il quale, innamoratosi della stupenda Ford Mustang di John, tutta a nuovo e luccicante che sembra quella di Steve McQueen, e ricevuto il diniego sdegnato del proprietario a vendergliela, fa irruzione nella splendda villa post moderna di Wick, lo pesta a sangue, gli uccide il cagnetto e si porta via la macchina.
In quel momento scopriamo che John Wick non è un ricco qualunque, ma un assassino, il killer migliore ritiratosi a vita privata. Almeno fino all'irruzione in villa.
Tutto acciaccato dai colpi ricevuti, troverà le motivazioni per sfondare il pavimento di casa che nasconde un arsenale, armarsi e partire per farsi giustizia.
Da qui parte la “stallonata” in stile reaganiano, così assurda da risultare comunque divertente, dinamica e sin appassionante, sforzandosi per una volta di accettare la basicità primitiva della vicenda, pronti ad accettare tutto quanto verrà con arrendevole rilassata rassegnazione.
E Keanu si muove al ralenti e non solo come ai tempi di Matrix, bello e corvino frutto di un miracolo genetico che solo la mescolanza ed il caso benevolo possono generare.
Botte, colpi sparati in testa, crani che esplodono, pallottole che crivellano; il boss dei boss, padre di cotanto scellerato figlio ladro e viziato, ha il volto, questa volta esageratamente espressivo e rozzamente caricaturale dopo decine di film girati in costante fissità, del Micharl Nyqwist della trilogia scandinava di “Uomini che odiano le donne”. Willem Defoe è un killer coscienzioso e leale (col nostro eroe), e Ian McShane un cattivo shakespeariano esemplare.
John Wick, che vede tra i molti produttori coinvolti lo stesso Reeves e l'ex casalinga disperata Eva Longoria - intervallato ogni dieci secondi da immagini della metropoli notturma ripresa da ogni angolatura, spesso dall'alto - è il film completamente privo di buon gusto e buon senso in grado di rilanciare un divo, uno come il nostro che ha il portamento giusto ed il fascino per durare ancora nel tempo.
John Wick, preso con il giusto spirito, e guardato staccando almeno un po' la spina cerebrale, può risultare accattivante e godibile, con la sua aurea crepuscolare e le sue atmosfere rarefatte e ricercate, dove l'arredamento stilizzato e sempre azzeccato deve costantemente fare i conti con i fiumi di sangue e materia celebrale che fuoriescono dai corpi crivellati dalla sete di vendetta e di giustizia.
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