Regia di Peyton Reed vedi scheda film
Ant-Man (2015): locandina
Complici la (azzeccata) faccia da schiaffi di Paul Rudd, la spiccata attitudine del regista Peyton Reed (vedasi curriculum), così come probabilmente a causa degli schizzati residui del lavoro di Edgar Wright (suoi soggetto e prima sceneggiatura) - che avrebbe dovuto dirigere il film -, l'ennesimo prodotto Marvel trova una sua ragion d'essere nell'energico sbilanciamento verso la commedia.
Sospinta da meccanismi e situazioni da heist movie, tenuta in costante tensione dai funzionali toni brillanti che sconfinano dalla tipica (nonché riempitiva, perlopiù) vena umoristica di casa madre, abitata da facce e battute calzanti (divertente il personaggio di Michael Peña e i suoi "sintetici" racconti): Ant-Man sembra opera "minore" nel grande disegno del Marvel Cinematic Universe, più disimpegnata, eppure - o forse proprio a causa di ciò - si rivela intrattenimento efficace e (felicemente) leggero.
Molto del merito va al protagonista che, dovendo indossare i panni di un personaggio caricato da una moltitudine di stereotipi del genere (il classico bravo ragazzo finito nei guai per una giusta causa, in cerca di riscatto e di riabbracciare l'amata figlioletta, e che si scopre altresì avere al momento giusto virtù alla MacGyver e "insospettabili" doti da action man), trova la giusta via conferendogli il necessario candore e il distacco (non privo di una certa eleganza e, parimenti, di fiera attitudine "cazzona") di chi si trova catapultato nel bel mezzo di eventi impossibili.
Ant-Man (2015): Paul Rudd
Ant-Man (2015): scena
Ant-Man (2015): Evangeline Lilly, Paul Rudd, Michael Douglas
Il resto, come si può immaginare date le origini, è mera riproposizione di canoni e schemi marveliani, oliati a dovere da anni di esperienza: tutto fila come deve filare. Rispettate, insomma, le tappe obbligatorie del percorso: l'impianto narrativo, la gestione delle dinamiche e dei tempi, l'innesco emotivo (la doppia problematica padre-figlia), la figura del cattivo monodimensionale (l'immancabile scienziato megalomane e psicopatico che accoppa agnellini innocenti per i suoi esperimenti, così, per renderlo subito odioso), i traumi del passato (la moglie dello scienziato sacrificatasi per il bene comune) e le questioni irrisolte del presente, gli inserti dell'universo condiviso (invero alquanto flebili), il senso dello spettacolo.
Non vengono trascurati, naturalmente, gli effetti speciali: se il loro uso è standardizzato, buone soluzioni visive e sequenze action arrivano dallo sfruttamento della contrapposizione tra grande (il mondo delle persone) e piccolo (quello ad altezza formica).
Rispettati anche i ruoli: oltre all'eroe per caso, il tormentato padre/mentore/salvatore Michael Douglas (prova apprezzabile), il villain sciocco (Corey Stoll, anonimo), l'interesse amoroso nonché futura compagna d'imprese (super)eroistiche (Evangeline Lilly e la sua acconciatura in stile Valentina di Crepax: no comment) - come s'intuisce nella scena post-titoli di coda-, il fidanzato della ex moglie del protagonista oltre che poliziotto non particolarmente sveglio (Bobby Cannavale), la compagnia di giullari (Peña e altri due tizi).
Ant-Man (2015): Paul Rudd
Ant-Man (2015): Michael Peña
Ant-Man (2015): Evangeline Lilly
Certo non sapremo mai cosa ne sarebbe venuto fuori se avessero permesso a Edgar Wright di dirigerlo (ma il punto è questo: di quanta libertà avrebbe goduto? Domanda retorica), possiamo solo accontentarci di questo.
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