Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Uno degli ultimi film "neorealisti" targato Zavattini/De Sica. Non tra i migliori dell'indimenticabile e straordinario regista.
Siamo nei sobborghi di Roma, negli anni Cinquanta, Luisa e Natale, due giovani innamorati, si sposano pur ritrovandosi in una situazione economica tutt’altro che florida, lui fa il manovale, lei presta servizio come domestica a mezza giornata; non sanno nemmeno dove abitare e così per arrangiarsi vanno a vivere nel piccolo e superaffollato appartamento dei parenti di lui. Ma questa convivenza, priva di privacy, provoca continui dissidi. Dopo l’ennesimo litigio, i due sposini lasciano quella casa: Luisa trova ospitalità presso la sua padrona, Natale dorme in una baracca del cantiere. Luisa, già incinta, viene a sapere che in certe zone periferiche c'è la possibilità di costruire abusivamente, su terreni comunali una minuscola casetta. È però necessario edificare la baracca e coprirla col tetto entro una nottata, così la casa viene considerata completa e le guardie, non possono sloggiare chi vi si insedia. Cedendo alle insistenze di Luisa, Natale contrae un debito per poter acquistare il materiale necessario e una notte con gli amici colleghi, avvia la costruzione; Il primo tentativo va a vuoto, a causa della soffiata di un prepotente della zona, ma Natale e i compagni non demordono e si recano in un altro posto, lavorano alacremente, col supporto del cognato, che non si nega, malgrado i vecchi attriti, la costruzione procede, mentre Luisa provvede a dissetare i muratori; quando arrivano i vigili, il tetto non sarebbe ancora ultimato, tuttavia una giovane vicina, consegna suo figlio neonato alla ragazza, Luisa si fa trovare a letto col bimbo, le guardie si impietosiscono e fingono di non vedere il varco in alto. Natale e Luisa hanno una “casa”. De Sica calca ancora il suo percorso neorealistico, dopo “Umberto D “e “Ladri di biciclette”. Il tema, all’epoca attualissimo, della crisi degli alloggi, viene tratteggiato, con uno sguardo sentimentale e leggero. Gli anni del dopoguerra non sono lontani, il paese prova a rialzarsi, c’è il boom economico e la vita scorre finalmente con un certo ottimismo, torna il sorriso e la speranza, con Il sogno di un futuro migliore; i frigoriferi prendono il posto del ghiaccio comprato a peso, si vedono le prime televisioni, guardate da fuori alle vetrine dei negozi. Su soggetto di Cesare Zavattini, Vittorio De Sica gira questo film in modo esemplare per perizia estetica, tallona i suoi personaggi da vicino, ne segue i movimenti e li dirige con estrema meticolosità, gli attori si muovono con spontaneità e l’effetto restituisce il realismo delle situazioni; tuttavia Il film, pur se tecnicamente ineccepibile, trova il suo limite più evidente in uno sviluppo, che si mantiene superficiale; la tematica sarebbe importante, ma il film evita di approfondire le connesse problematiche, glissando sulle responsabilità delle istituzioni La censura, di matrice democristiana, probabilmente non lo avrebbe fatto passare. Zavattini e De Sica si adeguano e Il film procede, con un tono buonista e moralistico e con un finale all’insegna del’“happy end” che significa in sostanza stendere un velo pietoso sulla miseria e sul degrado, di un sottoproletariato quasi rassegnato ad una vita di privazioni e stenti. Tutti magicamente disponibili i colleghi di Natale, che collaborano a costo zero; diventa comprensivo perfino Cesare, il cognato che lo ha cacciato di casa, ma che poi al momento del bisogno c’è. Sono magnanime le guardie che potrebbero far demolire la baracca, ma abbozzano. E la storia finisce con i sorrisi degli sposini, come se costoro avessero raggiunto l’el-dorado.Questo film segna "il canto del cigno" del neorealismo, che malinconicamente si avvia al tramonto. Sono in arrivo le commedie, utili a distogliere il pubblico dai pensieri funesti e a portare buonumore. Location perfetta, interpretazioni magistrali degli attori non professionisti.
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