Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Il mirino di un cecchino è l'occhio di Dio sul mondo, chi è all'interno di tale campo visivo perdere ogni facoltà di autodeterminazione sulla propria vita, posta interamente nelle mani altrui, può solo sperare che il soldato non prema il grilletto, preferendo concentrarsi su altri bersagli; l'inizio in medias res di American Sniper di Clint Eastwood (2014), è un esordio di rara potenza nella storia del cinema bellico, Chris Kyle (Bradley Cooper), arruolatasi nei Navy SEAL, è stato appena spedito in Iraq a Falluja nel 2004, come parte della prima ondata di invasione, nelle sue mani ha un fucile con mirino, nel quale vede avvicinarsi ad un convoglio dei marines una donna con un bambino, che probabilmente trasportano un ordigno pronto a far saltare in aria i soldati, la decisione di far fuoco è completamente nelle sue mani e se sbaglia la scelta, gli spetterà la corte marziale.
Riavvolgimento, American Sniper in origine doveva essere diretto da Steven Spielberg, ma nutrendo dubbi sul budget (60 milioni, troppo pochi per lui) e sul potenziale commerciale del film, molla tutto ed Eastwood salta a bordo senza alcun timore legato ai costi, al successo del film ai botteghini e soprattutto dalla materia ultra-controversa, riguardante Chris Kyle, ex-cecchino che ha detenuto il record di uccisioni di tutti i tempo, il regista ci presenta un uomo cresciuto dal padre con il motto Dio, patria e famiglia dividendo il mondo in pecore (civili indifesi), lupi (coloro che portano il male) e cani da pastore (coloro che in quanto forti scelgono di difendere le pecore dai lupi); tipici valori ultra-repubblicani, tanto che divenuto adulto e giunto a 30 anni, decide di dare una svolta netta alla sua vita arruolandosi nell'esercito a seguito delle immagini in TV sugli attentati alle ambasciate USA in Africa, mostrando notevoli doti come tiratore scelto, anche per via dell'infanzia trascorsa come cacciatore.
Kyle è un cane da pastore spedito a Fallujha, la nuova frontiera (sobria la citazione all'eterno Sentieri Selvaggi di Ford), a combattere il male per difendere le pecore, ma prendere la decisione corretta, non implica che la guerra secondo Eastwood risulti giusta, in tale ambiguità sottile, sussiste quindi l'operazione artistica posta alla base di American Sniper, che decide di affrontare un conflitto vicino nel tempo sul quale sono state espresse numerose critiche e riserve ideologiche sin dal suo scoppio anche in patria, ma Eastwood è fedele a sè stesso, ed incurante delle polemiche scatenate, è andato avanti per la propria strada.
Meno costruito intellettualmente rispetto ad Hurt Locker di Bigelow (2010), ma più diretto, secco ed incisivo, per questo più riuscito, Eastwood ci mostra l'alienazione cagionata dalla guerra su Kyle ed il suo bisogno di praticarla, fino a diventarne pienamente dipendente, ogni dubbio derivato dalla propria coscienza, come quello riguardante i primi suoi due bersagli perchè rappresentanti un male come non l'aveva mai visto, viene immediatamente spazzato via dall'inossidabile voglia di ritornare ad imbracciare il fucile per ammazzare meccanicamente quanti più nemici possibili, è in ciò che sussiste la critica di Eastwood alla guerra, che cattura ed imprigiona l'essere umano in una routine da una routine, che diventa sempre meno lavoro e sempre più dipendenza.
I potenziali toni agiografici (il film è tratto dalla stessa autobiografia di Kyle), vengono abilmente evitati dal cineasta, che poteva scadere facilmente in una becera propaganda (meno male che abbiamo avuto il più grande regista americano vivente a bordo, altrimenti erano cazzi amari in mani altrui), dalla quale esce, ribaltando con sagacia i valori con cui Kyle erano cresciuti, il tutto tramite la visione del mirino del cecchino, dove un bambino che imbraccia un bazooka, in realtà più che rappresentare il male, in realtà è un potenziale cane da pastore che dal suo punto di vista protegge la sua terra dai lupi invasori, tutte queste sfumature si devono oltre alla buona sceneggiatura di Jason Hall, alla maestria di Eastwood con la macchina da presa, capace di gestire l'immagine con i suoi molteplici differenti significati, adottando il punto di vista di Kyle (inevitabile se fai un biopic), che vede tutto bianco e nero, senza sfumature, eppure il suo cecchino rivale Mustafà ha anche lui una famiglia come Kyle, solo che il protagonista è talmente alienato ed estraniato dalla situazione in cui vive dal non vederle, portandosi la guerra anche nel fronte interno quando di tanto in tanto fa ritorno a casa, guardando a ripetizione i video dei morti americani causati dal cecchino nemico, oppure nella monumentale scena in cui seduto al divano sente nella propria testa i rumori della battaglia guardando una TV spenta, totalmente estraniato dalla sua famiglia, nonostante un figlio e la moglie Taya (una funzionale Sierra Miller). La violenza impera, così come il manicheismo visuale die soldati (tutti con i teschi di Punisher, senza aver capito una mazza del ciclo di Garth Ennis sul personaggio), mentre il politicamente corretto non trova cittadinanza per fortuna, poichè a nonno Clint poco frega delle critiche dei benpensanti (vaffanculo a Michael Moore, un grazie a "hanoi" Jane Fonda, che invece ha capito il film spiazzando tutti, lei sempre grande), perchè giustamente i tagliagole dell'esercito pro Al-Qaida, sono rappresentati come delle bestie retrogradi che si rivalgono contro la stessa popolazione che dovrebbero proteggere, con tanto di rappresaglie brutali, dove ci vanno di mezzo anche i bambini, con scene di trapanazione a gambe e testa, che non esitano a mostrare chiaramente la morte dei bambini al cinema, cosa a cui non si assiste quasi più, per colpa di uno spirito castrante di auto-censura, imperante nel cinema.
Clint è in forma smagliante, realizzando un' opera geniale e libera al pari dei suoi lavori migliori, un vero e proprio pugno nello stomaco dopo il primo terzo di film, una ennesima tragedia americana tragica quanto amara, con un Bradley Cooper monumentale nel ruolo di una vita (ha eseguito una dietra super proteica di oltre 5000 calorie al giorno per avere il fisico adeguato), chiudendo il cerchio in un finale finale con didascalia e titoli di coda in parata militare, dove si lascia intelligentemente libero ogni spettatore di riempire quelle immagini in base alla propria sensibilità.
Chi ci vuole vedere la retorica celebrativa di un buon americano, ha la stessa dignità di chi ci vede l'inferno di una società che eleva ad eroe un povero disgraziato risucchiato in un incubo, le cui cause non interessano nessuno, perchè subordinate alle esigenze della propaganda a-critica. Le previsioni di incasso dicevano 50 milioni, il film nonostante il Rated-R ed il flop di quasi tutte le opere di belliche di ambientazione contemporanea, ne incasserà quasi 550 in tutto il mondo su un budget di appena 60, portandosi come maggior successo di tutta la carriera del regista disintegrando Gran Torino (2008) e divenendo al contempo il più grande successo di sempre del cinema bellico ai botteghini, questo gli fece ottenere varie nomination agli oscar, tra cui miglior film, attore protagonista e sceneggiatura non originale, perdendo purtroppo contro quella bambocciata insignificante di Birdman di Alejandro Gonzales Inarritu (2014), d'altronde ci meritiamo certo cinemino.
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